sabato 10 luglio 2010
Dopo la confessione da parte dei dieci russi arrestati dall'Fbi, un giudice di New York ordina l'espulsione. Il rilascio di quattro 007 "americani" graziati da Medvedev ha poi sbloccato la situazione.
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L’aereo russo Yak-42 è atterrato all’aeroporto Domodedovo di Mosca, chiudendo un capitolo da Guerra fredda che ha sorpreso gli americani e lasciato molte domande senza risposta. Di certo le dieci spie arrestate dall’Fbi negli Stati Uniti a fine giugno sono state espulse dagli Usa e rientrate a Mosca a bordo di mezzi del “ministero delle Emergenze” all’interno di uno scambio degno di un romanzo di John le Carré. Prima di partire alla volta della capitale russa, infatti, i dieci avevano fatto scalo a Vienna dove è avvenuto lo scambio di spie tra il governo americano e quello russo. Nello stesso aeroporto della capitale austriaca dov’era atterrato il jet partito da New York c’era anche un volo ufficiale russo, a bordo del quale si trovavano quattro agenti occidentali che il Cremlino aveva già condannato e incarcerato come spie e che il presidente russo Dmitrij Medvedev ha graziato giovedì sera. Sul Boeing 767-200 c’erano Igor V. Sutyagin, esperto in armamenti, Sergei Skripal, Aleksandr Zaporozhsky e Gennadi Vasilenko, tutti cittadini russi ma accusati di essere al soldo della Cia e dei servizi segreti britannici. Il legale di Igor Sutyagun, una delle spie liberate dal governo russo, condannato a 14 anni di carcere con l’accusa di avere spiato per gli Usa, ha confermato che il suo assistito ha lasciato Mosca. I quattro hanno poi ripreso il viaggio alla volta di una base militare della Gran Bretagna, la Raf Brize Norton nell’Oxfordshire.Lo scambio era stato autorizzato da un giudice americano dopo che le dieci spie russe arrestate nei giorni scorsi avevano riconosciuto di fronte a un tribunale di Manhattan di essere colpevoli. I dieci, nove dei quali sono di nazionalità russa, hanno ammesso di aver fatto parte di un «complotto per avere agito come agenti di un governo straniero all’interno degli Stati Uniti senza avere notificato il ministero della Giustizia». I tre che operavano sotto la loro vera identità, l’americana Vicky Pelaez, e i russi Anna Chapman e Mikhail Semenko, hanno riconosciuto di essere «agenti della Federazione Russa». Gli altri sette hanno rivelato i loro veri nomi: Richard e Cynthia Murphy si chiamano in realtà Vladimir e Lydia Guryev, Michael Zottoli e Patricia Mills sono Mikhail Kutsik e Natalia Pereverzeva, Donald Heathfield e Tracey Lee Ann Foley si chiamano Andrey Bezrukov e Elena Vavilova. Infine, il vero nome di Juan Lazaro, il compagno della Pelaez, è Mikhail Anatonoljevich Vasenkov.Solo in seguito a questa dichiarazione di colpevolezza, il giudice federale di New York, Kimba Wood, diventata famosa nel 1990 per avere condannato il re dei junk bond Michael Milken, a 10 anni di carcere, ne ha decretato l’espulsione. A dare il via libera finale all’operazione è stata anche una lettera del pubblico ministero incaricato del caso, che informava la Wood dell’intenzione della Russia di scarcerare quattro persone in prigione in Russia. È chiaro inoltre che gli Usa non avevano nessun interesse a tenere i dieci in carcere, come ha ammesso il Dipartimento di Stato. Anche se non non sa quali e quante informazioni le spie siano riuscite a passare al Cremlino nel corso degli anni, Washington non considera i dieci agenti russi «di alcun peso strategico».«Si è deciso che una decisione rapida e globale della questione doveva essere trovata per ragioni di sicurezza nazionale e umanitarie – ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner –. L’imprigionamento prolungato dei dieci agenti non sarebbe servito a nessun interesse nazionale per l’America».  Il segretario alla Giustizia Eric Holder ha detto che «si è trattato di un caso straordinario, frutto di anni di lavoro degli inquirenti, degli agenti di intelligence e dei procuratori, e l’accordo raggiunto rappresenta una soluzione molto positiva per gli Stati Uniti».
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