domenica 8 novembre 2009
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Quando crollò il Muro era a colloquio con il cancelliere tedesco Kohl. E subito dopo ne parlò a Mosca con il presidente sovietico Gorbaciov. L’ex premier polacco Tadeusz Mazowiecki ha vissuto quei giorni esaltanti e caotici da protagonista. Ed in quest’intervista esclusiva al nostro giornale ne rivela fatti inediti e particolari curiosi.Signor Mazowiecki, la sera del 9 novembre Helmut Kohl si trovava in visita ufficiale a Varsavia. Come reagì alle notizie che arrivavano da Berlino? Furono momenti molto concitati. Il cancelliere decise d’interrompere la visita e di rientrare in Germania per poter essere presente alla grande manifestazione che si sarebbe tenuta il giorno seguente a Berlino. «Devo esserci assolutamente anch’io, non solo Willy Brandt (il leader dei socialdemocratici tedeschi, ndr)», fu la sua battuta che ricordo ancora. Non ci fu molto tempo per dirci altro.E lei cosa pensò in quel momento?Pensai che finalmente anche i cittadini della Ddr avevano ottenuto il sacrosanto diritto a spostarsi, a viaggiare, insomma ad essere liberi. E ne fui contento. La mia fu una reazione spontanea, umana, non politica. Certo, mi rendevo conto che molte cose sarebbero cambiate ma era difficile immaginare come sarebbero evolute concretamente. Nessuno sapeva come avrebbe reagito Mosca alla caduta del Muro. E tutti, anche in Occidente, furono colti di sorpresa.Una settimana più tardi lei, premier della Polonia democratica, si recò a Mosca per incontrare Gorbaciov. Era il suo primo faccia a faccia con il presidente sovietico. Quale fu la sua impressione? Su molti problemi Gorbaciov si mostrò un uomo di grande apertura mentale. Ma sulla nuova questione tedesca manifestò una netta chiusura. Difendeva la sovranità della Germania comunista, parlava un linguaggio vecchio, tipico dei sovietici. Non voleva ammettere che la Ddr era ormai al capolinea.Ne fu stupito? Senta, io mi trovavo a colloquio con il leader di una superpotenza mondiale che era riuscita nel 1945 a conquistare Berlino. Potevo mai immaginare che vi avrebbe rinunciato facilmente? Non dimentichiamo che ben 500mila soldati sovietici erano stanziati dentro la Ddr. Se non l’esercito, certo Gorbaciov era pronto ad usare tutti i mezzi politici a sua disposizione per impedire la riunificazione delle due Germanie. C’era grande preoccupazione e tanta incertezza sul futuro. Solo dopo il vertice del primo dicembre 1989 a Malta con il presidente americano Bush, il leader sovietico ammorbidì la sua posizione.E quale fu? Ce la espose alla riunione dei Paesi del Patto di Varsavia che si tenne poco dopo. Fu in quell’occasione che Gorbaciov, per la prima volta, parlò dell’eventualità di una Confederazione fra le due Germanie. Durante la riunione tenne anche un’ampia relazione sul suo recente incontro in Vaticano con Giovanni Paolo II. Ne parlò con toni entusiasti. Mi ricordo ancora la faccia perplessa di Ceausescu mentre Gorbaciov parlava... Io ne fui particolarmente felice. Mi disse Gorbaciov: «Col Papa tutto è andato molto bene, è una personalità eccezionale, proprio come me l’aveva descritta lei».All’epoca non era solo Gorbaciov ad avere perplessità sull’unificazione tedesca...Mi ricordo che la Thatcher era fermamente contraria. Ed anche Mitterrand nutriva molti timori. Oggi vediamo tutto chiaro, ma vent’anni fa il dilemma fra una Germania europea o un’Europa germanizzata era sempre molto vivo ed acuto.E lei come la pensava? Io dissi subito che la questione della Germania doveva essere risolta dai tedeschi stessi. E la prova di questo sta nel fatto che il ministro degli Esteri del mio governo, Skubiszewski, rilasciò una dichiarazione secondo cui la Polonia non si sarebbe opposta alla partecipazione della futura Germania unita nella Nato. La mia preoccupazione riguardava invece un altro problema, quello del riconoscimento del confine occidentale della Polonia, la linea Oder-Neisse, che la Cdu tedesca continuava a rifiutare. Per questo fu molto importante l’incontro bilaterale che si tenne tra me e Kohl, pochi giorni dopo la caduta del Muro, a Kryzowa. Il nostro fu un abbraccio carico di simbolismo. Ed un anno dopo, nel novembre del 1990, Polonia e Germania riunificata avrebbero firmato lo storico accordo per il riconoscimento dei confini.Mazowiecki, con quale stato d’animo vive la ricorrenza del ventennale?Il crollo del Muro è diventato il simbolo della fine del comunismo. Ma dobbiamo ricordare che tutto ebbe inizio a Danzica nel 1980, con la nascita di Solidarnosc. Lì prese il via la rivoluzione pacifica dal basso che solo più tardi, nel 1989, sarebbe stata accettata dai dirigenti politici. Il merito non è loro ma dei popoli.
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