Sul tavolo dei Grandi riuniti al G20 rimbalza l'emergenza
migranti. A portarla è l'Ue che arriva in Cina con i suoi
vertici pronti ad avvertire il mondo sul fatto che "l'Europa è
al limite della possibilità di accoglienza": il problema è
globale, ci sono 65 milioni di persone in fuga nel mondo, di cui
4 milioni dalla sola Siria, e tutti "devono assumersi la
responsabilità" di gestire il fenomeno. Lo ha detto domenica il presidente
del Consiglio Europeo, Donald Tusk, al suo arrivo. E gli fa eco
il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, accanto a
lui.
L'Europa - come aveva già fatto al G7 di Ise-Shima in
Giappone, solo tre mesi fa - torna così a chiedere a tutti a
collaborare. E mette sul piatto il suo modello, quel Piano
esterno (il Migration Compact) che deve combattere le rotte
dell'immigrazione clandestina, aiutando i Paesi di origine. Con
fondi pubblici che attraggano quelli privati. Un piano
fortemente spinto dall'Italia e da Renzi che, però, non
condivide fino in fondo il rischio "collasso" evocato da
Bruxelles (i numeri sono più o meno in linea con il passato,
rimarca il premier) e invita l'Ue a farsi carico direttamente
del problema dei rimpatri di chi non ha il diritto di restare.
"Dobbiamo salvare tutti" in mare "ma non possiamo accogliere
tutti", ha spiegato.
In un vertice con tante sfide sul tavolo - dalle crisi
regionali al terrorismo all'infinita guerra in Siria - la
crescita fa, ancora una volta, da piatto forte. Nella bozza
finale del vertice è atteso che il G20 torni a chiedere a tutti
i Paesi di mettere in campo "tutti gli strumenti possibili per
la ripresa". Fatti e non parole, ribadisce lo stesso presidente
cinese Xi Jinping, che esorta i colleghi ad "evitare discorsi
vuoti" sulla ripresa. I vertici dell'Ue, da parte loro, parlano
di un'Europa che punta quest'anno all'1,8%, si pone come modello e cresce, spiegano, più di Usa
e Gb. L'importante è che ci sia il superamento della sola
austerity attraverso una crescita che però deve essere "equa,
evitando le disuguaglianze", sottolinea Matteo Renzi, parlando
del rischio 'paurà anche in chiave derive populiste.
Ma i riflettori restano puntati anche sui grandi scenari di
crisi internazionali. Con Barack Obama, al suo ultimo vertice da
presidente degli Stati Uniti, che incontra per la prima volta il
presidente turco Erdogan dopo il tentato golpe di luglio
rassicurandolo sul fatto che "i responsabili pagheranno". Parole
lette da alcuni come un'apertura all'estradizione di Fethullah
Gulen, l'ex imam in esilio volontario in Pennsylvania: un nodo
che vede ad alto rischio i rapporti tra i due paesi. Tra loro
tiene banco anche il dossier Siria, d'accordo sulla necessità di
spingere su una transazione politica pacifica ma ancora con
diversi distinguo sulla questione dei curdi.