La Federal Reserve sta sfoderando tutte le armi a disposizione per far fronte alla crisi finanziaria che scuote l'America. Ieri, la Banca centrale Usa ha infatti annunciato una nuova misura da 600 miliardi di dollari per l'acquisto di titoli "tossici" garantiti da mutui immobiliari emessi dalle tre agenzie governative Fannie Mae, Freddie Mac e Federal home loan bank e un programma di agevolazioni da 200 miliardi di dollari a favore dei prestiti ai consumatori quali quelli per gli studenti, per l'acquisto di auto e per le carte di credito. Un pacchetto ingente, giustificato dalla Fed quale «un'azione per ridurre i costi e aumentare la disponibilità del credito», con un occhio di riguardo al mercato immobiliare. Come ha spiegato il segretario al Tesoro, Henry Paulson, «milioni di americani non riescono a trovare finanziamenti» e, «per superare la crisi del settore immobiliare, niente è più importante che garantire la disponibilità di finanziamenti». Sebbene la Banca centrale americana, di concerto con il Tesoro, sia impegnata in ogni modo a «preservare la solidità delle istituzioni finanziarie e a stabilizzare i mercati», il fine " ha ricordato il segretario Paulson " è pur sempre quello di «minimizzare l'impatto negativo sull'economia reale». Ragioni addotte anche per il salvataggio in extremis messo in atto dalla Fed domenica con una nuova iniezione di 20 miliardi di dollari nelle casse del gruppo bancario Citigroup e la garanzia su oltre 300 miliardi di dollari di debiti "tossici". Manovre indispensabili che sono state subito recepite positivamente dai mercati. Dopo l'euforia di lunedì, anche l'apertura di ieri aveva fatto sperare in una seduta al rialzo per tutte le piazze, ma altre realtà hanno poi avuto il sopravvento a metà giornata. Anche il dollaro, che dopo l'annuncio della Fed aveva perso l'interesse degli investitori facendo segnare un recupero dell'euro fino a oltre 1,30 dollari, ha in seguito perso terreno. Sebbene ci sia consenso generale sugli interventi del governo americano, non si possono infatti accantonare i dati fondamentali. Ieri le notizie negative sono proseguite, finendo col pesare su Wall Street che non è riuscita a decollare. Il Dow Jones ha chiuso con un +0,43%, mentre il Nasdaq è rimasto in terreno negativo (-0,50%). Hanno pesato gli ultimi dati sul Prodotto interno lordo che, sebbene in linea con le previsioni medie degli analisti, hanno visto il calo dello 0,5% nel terzo trimestre; rilevamenti definiti «problematici», anche dalla Casa Bianca. A trascinare al ribasso il Pil dalle stime precedenti di un calo dello 0,3% sarebbe stato l'allentamento del consumo che ha registrato uno scivolone del 3,7%, il peggiore dal 1980. In calo, però, anche l'indice dei prezzi immobiliari dei 20 maggiori centri urbani Usa che, a settembre, ha registrato un -17,4% su base annua e un -1,8% rispetto al mese precedente; non solo una tendenza costante dall'inizio dell'anno, ma un nuovo record per il settore. «Non abbiamo la bacchetta magica per sistemare l'economia», ha ricordato ancora ieri Paulson. Alla fine, però, gli americani attendono il miracolo. A novembre, infatti, la fiducia dei consumatori Usa si è assestata al 44,9 nell'indice della Conference Board; un livello molto basso, ma " sorprendentemente anche per gli analisti " pur sempre in rialzo rispetto ai minimi storici di 38,8 registrati il mese scorso.