«Inutile», «niente di nuovo», «bugiardo». Non convince né la leadership politica né gli analisti egiziani il discorso del presidente americano Barack Hussein Obama, il secondo rivolto al mondo islamico e arabo dal suo insediamento alla Casa Bianca. Eppure l’offerta di Washington – la cancellazione di un debito finanziario pari a un miliardo di dollari – è preziosa per la repubblica nordafricana, più che mai in affanno economicamente dopo l’uscita di scena burrascosa del raìs Hosni Mubarak.Se da un lato, dunque, il sostegno della Casa Bianca alla nascita di uno Stato palestinese i cui confini siano quelli indicati dalla risoluzione delle Nazioni Unite del 1967 riceve un plauso unanime dalla stampa egiziana e dai commentatori, dall’altro invece non soddisfa la genericità dei contenuti del discorso di Obama: ci si chiede in che modo, concretamente, saranno rilanciati i negoziati, quali strumenti Washington intenda utilizzare per rendere più incisivo il proprio intervento nella questione israelo-palestinese. Un’opinione espressa dalla nuova leadership politica egiziana, che oltretutto si aspettava uno sconto finanziario di almeno 2 miliardi di dollari, e ripresa dai principali organi di stampa, come il quotidiano indipendente
Al Masri Al Youm(L’Egiziano oggi) e
Al Ahram (Le piramidi), filo-governativo. Quest’ultimo ironizza sulla figura di Obama in una vignetta che lo ritrae nei panni di un insegnante intento a illustrare una cartina geografica: «Dobbiamo imparare bene la lezione sul Medio Oriente», dice il presidente-professore sorridente. E forse è questo che gli analisti mettono in dubbio: Obama avrà imparato davvero la lezione? Secondo alcuni economisti no: per dare impulso al processo di democratizzazione in Egitto sarebbe necessario un sostegno economico ben più consistente: il settimanale
Ahram Weekly sottolinea che il debito complessivo egiziano è di 3,6 miliardi di dollari e che, un mese fa, una delegazione egiziana si era recata alla Casa Bianca proprio per ottenere la cancellazione dell’intera somma. Non solo: secondo gli analisti si tratterebbe di un debito provocato dal malgoverno della presidenza Mubarak, riferisce al settimanale Samir Soleiman, docente dell’università americana del Cairo.Nadia Belhaj, economista presso l’Economic research Forum, dà voce a timori diffusi: «Un accordo legato al debito, che giunge a certe condizioni, dovrebbe essere accolto con cautela». La paura è che anche il nuovo corso politico egiziano sia “pilotato” dagli Stati Uniti e perda così la propria libertà. E fra le domande ricorrenti nei forum su Internet c’è proprio: «Quali sono le vere intenzioni dell’Amministrazione americana?». Sul quotidiano
The Daily News Egypt, spicca la bocciatura dei partiti politici egiziani: dai Fratelli musulmani all’Associazione nazionale per il cambiamento di Mohammed El Baradei al movimento Kefaya, per tutti il discorso di Obama non segna grandi cambiamenti per l’Egitto. «Inutile» è il termine più utilizzato. Infine, sulla questione copta citata dal presidente, il commento più significativo è quello di Diaa Rashwan, analista del Centro studi Ahram del Cairo: «Si tratta di una questione interna, il presidente Obama non dovrebbe interessarsene».