Troppo vago. Troppo spostato nel tempo. E soprattutto, tutto ancora da scrivere. Dopo i toni trionfalisti - “abbiamo scritto la storia” - arrivati con la firma in extremis domenica dell’accordo sul clima in Sudafrica, per il “pacchetto Durban” è già il tempo delle critiche. Dure e senza appello. Sintetizzate dal monito di Caritas internationalis: l'accordo “lascia il mondo di fronte ad un aumento catastrofico di quattro gradi centigradi delle temperature globali”. Cosa si è deciso a Durban? Tre i punti principali dell’accordo. Primo: il prolungamento del Protocollo di Kyoto. Secondo: la creazione di un Fondo verde da 100 miliardi di dollari in aiuto dei paesi in via di sviluppo. Terzo: la definizione del gruppo di lavoro chiamato a scrivere i contenuti del patto globale con "urgenza" e "alzando il livello di riduzione" delle emissioni, nel quale saranno affiancati per la prima volta Paesi industrializzati e nuove economie (Cina, India, Brasile). In pratica si dovrà arrivare all’accordo entro il 2015, mentre l’entrata in vigore è prevista solo per il 2020. Troppo poco per le associazioni ambientaliste, a cominciare dal WWF. Per la responsabile Policy Clima ed Energia del Wwf Italia, Mariagrazia Midulla, “i governi hanno fatto il minimo indispensabile per portare avanti i negoziati". L'esperta del Wwf rileva che "la scienza ci dice che dobbiamo agire subito, perché gli eventi meteorologici estremi, la siccità e le ondate di caldo causate dal cambiamento climatico peggioreranno. Ma oggi è chiaro che i mandati di pochi leader politici hanno avuto un peso maggiore delle preoccupazioni di milioni di persone, mettendo a rischio le persone e il mondo naturale da cui le nostre vite dipendono".