Accendi uno, spinello saltano in aria duecento persone. Tanto allo scanzonato consumatore quanto al ragazzo sveglio del quartiere, colui che un po’ di "fumo" te lo mette in tasca per meno di dieci euro, questo collegamento sfugge.Con una inchiesta che parte oggi
Avvenire racconterà cosa si nasconde dietro al traffico internazionale delle cosiddette "droghe leggere" e di quanto invece siano pesanti gli effetti sui consumatori, quali ricadute si registrino nel contesto sociale e in che modo la droga che alcuni si ostinano a definire pressoché innocua sia diventata un’arma del terrorismo globale e dei più importanti cartelli della criminalità organizzata, fino a ridurre in schiavitù la manovalanza e tenere in ostaggio intere popolazioni, costrette a produrre stupefacenti anziché riconvertire i campi alle produzioni agricole. Con i proventi dello spaccio dei derivati della cannabis (marijuana e hashish) si alimentano i network del terrore, che possono contare su proventi stratosferici. Secondo stime dell’agenzia Onu contro le droghe (Unodc) le vendite al dettaglio di cannabis in Europa sfiorano i 20miliardi di euro, circa un quinto del volume d’affari globale, ma nel Vecchio Continente viene messo a segno solo l’1% del volume mondiale delle partite di "erba" sequestrate. Molto più allarmanti sono i calcoli sul consumo della resina: tre quarti del fatturato prodotto dal traffico internazionale di hashish viene contabilizzato in Europa, con cifre superiori ai 25 miliardi di euro. In totale fanno 45miliardi.Proprio con l’hashish sono stati finanziati gli attentati dell’11 marzo 2004 a Madrid: 200 morti nelle stragi alle stazioni. Il primo a parlarne fu Tlili Lazhar, uno tra i pochi pentiti della jihad di casa nostra: «Per autofinanziarci spacciavamo droga e i soldi ci servivano per l’organizzazione». L’area nordoccidentale dell’Africa ricopre un ruolo chiave nel traffico dei derivati della Cannabis. La maggior parte della resina prodotta in Marocco viene trasportata in Spagna attraverso lo stretto di Gibilterra, dove viene stoccata in grandi quantitativi. La produzione e la logistica è gestita pressoché in regime di monopolio dal
Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, punta avanzata magrhebina della galassia al-Qaeda, la stessa compagine terroristica a cui apparteneva il pentito Lazhar.La vendita al dettaglio non esclude l’ingresso di organizzazioni criminali locali, con ’ndrangheta e camorra a contendersi le fette di mercato più remunerative. Una fonte investigativa fa notare come sia stata «registrata una diversificazione delle rotte di traffico finalizzata all’elusione dei controlli sempre più serrati eseguiti dalle autorità spagnole». Perciò, le organizzazioni criminali acquirenti «sono state indotte a superare la Spagna quale area dove realizzare le transazioni e a rivolgersi direttamente a broker appositamente riparati in Marocco». A queste rotte si aggiungono quelle del quadrante orientale. Enormi quantitativi di droga raggiungono l’Europa occidentale provenienti dall’Afghanistan e da altri paesi asiatici attraverso la Turchia e i corridoi balcanici, come confermano l’ultima analisi degli esperti delle Nazioni Unite e i responsabili regionali impegnati a contrastare il contrabbando di stupefacenti.Recenti ricerche indicano che i trafficanti utilizzano sempre di più percorsi attraverso Turchia, Grecia, Macedonia e Albania verso l’Italia. «La Turchia ha intensificato la lotta contro i trafficanti di droga. Negli ultimi cinque mesi abbiamo sequestrato più narcotici noi che non tutti i 27 Stati membri dell’Unione Europea insieme», ha detto Beshat Ekichi, capo del dipartimento turco per la lotta al contrabbando e alla criminalità organizzata. I paesi della regione negli ultimi tempi collaborano sempre più nella lotta contro il traffico di stupefacenti, dietro il quale vi sono gruppi in collegamento fra loro, e che operano dal Sudamerica e dall’Afghanistan verso l’Europa occidentale. «Il contrabbando di droga si deve prevenire e combattere sul piano globale, il che significa una cooperazione ancora più ampia. Non è questo solo un problema con la Turchia e la Grecia, ma coinvolge anche altri paesi come l’Afghanistan, l’Iran e l’Europa occidentale», ha dichiarato da parte sua Ioannis Mihaletos, della Fondazione per la rete globale della sicurezza di Atene.Un dettagliato rapporto redatto dai servizi segreti indiani ha segnalato nei giorni scorsi «che la produzione di cannabis sta emergendo come una delle principali minacce alla sicurezza in Afghanistan e nella regione», dove la filiera è controllata dai talebani che già guardano al progressivo ritiro degli Usa da Kabul.