mercoledì 3 agosto 2011
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Il richiamo dell’amba­sciatore italiano a Da­masco Achille Amerio per protestare con forza contro la spietata repressio­ne dei civili in Siria. E anco­ra, il sostegno ai cristiani perseguitati in Iraq e un pri­mo volo di aiuti verso Mo­gadiscio con l’intenzione di incrementare l’impegno. La giornata di ieri ha segnato un’intensa attività diploma­tica di segno umanitario. Con il ministro degli Esteri Franco Frattini parliamo delle decisioni prese dalla Farnesina, cominciando dal gelo sceso nei rapporti con Damasco. Ministro, il deciso passo ita­liano di interrompere tem­poraneamente le relazioni diplomatiche con Damasco sarà seguito dalle altre can­cellerie europee?L’Italia ha voluto inviare un messaggio politico molto chiaro a Damasco e per rafforzarlo ha proposto il ri­chiamo degli ambasciatori di tutti i Paesi dell’Ue in Si­ria. Noi abbiamo sostenuto le sanzioni europee e abbia­mo scelto per primi di ri­chiamare l’ambasciatore perché non potevamo resta­re inerti davanti a un simile massacro di civili. Ci sono stati 1600 morti, 14 mila fe­riti e tremila oppositori scomparsi nel nulla. Quan­do gli ambasciatori dell’Ue si sono ritrovati per prote­stare con il governo siriano, la posizione di condanna dell’orribile repressione era unanime. Poi ciascuno sta­to assume le posizioni che ritiene. Al momento, però, la Commissione eu­ropea ha deciso di mantenere il capo della delegazione diplomatica nella capitale siriana.Ripeto, si tratta di una deci­sione dei singoli Stati. Noi abbiamo congelato anche i progetti della Cooperazione per 50 milioni. Abbiamo mantenuto attivo solo un progetto per l’accoglienza dei profughi iracheni, ma certo un governo che mas­sacra i civili non riceverà più un euro dall’Italia. Roma richiama l’ambascia­tore dopo che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, riunito­si su richiesta della Farnesi­na, per ora non riesce ad ap­provare alcuna risoluzione di condanna. Cosa divide la comunità internazionale?Il timore di Russia, Cina e In­dia di un’evoluzione del con­flitto siriano sul modello li­bico. Noi crediamo che si debba arrivare invece a una risoluzione delle Nazioni U­nite che imponga ad Assad di terminare la repressione cruenta. Ci sono gli estremi per de­ferire Assad alla Corte pe­nale internazionale per cri­mini contro l’umanità? Anche questa è un’iniziativa dei singoli Stati e del procu­ratore del Tribunale penale che ha tutti gli elementi per agire. Non è, però, l’unico fronte su cui agire per incre­mentare la pressione politi­ca e diplomatica sul regime di Damasco perché cessi le violenze e apra un tavolo di trattativa con l’opposizione. Occorre convincere anche gli stati arabi e non solo le diplomazie occidentali a prendere una posizione for­te. Veniamo all’Iraq. Ieri a Kirkuk un’autobomba ha colpito una chiesa cattolica causando 20 feriti. Cosa può fare l’occidente per far ces­sare questa persecuzione?Ribadisco, come ho fatto al­le autorità religiose e civili i­rachene nella mia recente vi­sita nel Paese, l’impegno del governo italiano per aiutare la comunità cattolica a re­stare. A Kirkuk in concreto pensiamo progetti concreti come la costruzione di un centinaio di alloggi per le coppie cristiane. Infine, la siccità nel Corno d’Africa. Stanotte è partito un primo cargo della Coo­perazione Italiana per Nai­robi. Come intende impe­gnarsi l’Italia? Stamane a Nairobi consegne­remo alle autorità kenyane ol­tre 40 ton­nellate di beni alimentari per contri­buire a sostenere le oltre 440mila persone presenti nei sovraffollati campi di Da­daab. L’operazione ha un va­lore complessivo di oltre 200mila euro e si aggiunge agli interventi umanitari che la Cooperazione italiana ha da due anni in corso nell’a­rea per un valore complessi­vo di 20 milioni. Sono previ­sti nei prossimi giorni altri voli umanitari e, a margine dell’Assemblea generale del­l’Onu del prossimo settem­bre, l’Italia promuoverà con l’Uganda una conferenza degli Stati donatori. Ricordo anche l’impegno italiano per la sicurezza. Paghiamo in­fatti i salari a poliziotti e mi­litari delle forze del governo di transizione per evitare che passino tra le file degli estre­misti islamici di al Shabaab. E in Italia i carabinieri stan­no addestrando gli agenti delle forze di sicurezza del governo di Mogadiscio.
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