sabato 12 aprile 2014
​L’ondata di proteste, che ha scosso l’intero Venezuela e costretto, do­po settimane di repressione, il pre­sidente Nocolas Maduro al dialogo scoppiò all’inizio di febbraio negli stati orientali di Tachira e Merida.
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L’ondata di proteste, che ha scosso l’intero Venezuela e costretto, do­po settimane di repressione, il pre­sidente Nocolas Maduro al dialogo scoppiò all’inizio di febbraio negli stati orientali di Tachira e Merida.  La classica scintilla, nella polveriera vene­zuelana, fu il tentativo di rapimento di una ragazza: un episodio che portò in piazza gli studenti della regione orientale per doman­dare al governo più sicurezza, ma anche per protestare contro l’inflazione, schizzata alla cifra record del 56%, e anche contro la scar­sità di cibo. Una protesta divenuta in pochi giorni nazionale e capace, già il 12 febbraio, di riempire le strade di Caracas subito mac­chiate di sangue: un uomo armato sparò sul­la folla che avanzava pacifica provocando tre morti. Queste le prime vittime di un bi­lancio divenuto, di settimana in settimana, pesantissimo: con il decesso ieri di un uffi­ciale della guardia nazionale ferito a Bar­quisimeto e di una donna travolta da una macchina a Valencia le vittime, secondo la procura generale, sono 41 e 579 i feriti. La più grande ondata di proteste del decen­nio dai campus universitari ha subito trova­to il consenso del ceto medio e coagulato un composito cartello di partiti di opposizione denominato Mesa de unidad (tavola di u­nità). I loro leader Leopoldo Lopez, politico decisamente anticonformista con un pas­sato da sindaco, e la parlamentare Maria Co­rina Machado. I primi morti di piazza e i pri­mi arresti hanno fatto emergere un’ala più moderata dell’opposizione che punta a in­canalare il disagio della classe media. Un risentimento popolare che si è coagula­to dietro ad alcune facili quanto condivisi­bili parole d’ordine: oltre a una maggiore si­curezza l’opposizione a Maduro chiede il ri­lascio delle centinaia di arrestati e un radi­cale cambiamento della politica economi­ca che abbassi l’inflazione e riduca la scar­sità dei generi di prima necessità. Il governo, almeno fino all’apertura dei ne­goziati maturata dopo i furiosi scontri an­cora domenica scorsa, ha replicato accu­sando l’opposizione di essere manovrata dal gigante statunitense. Un dialogo tra sordi rinfacciandosi la responsabilità delle vio­lenze di piazza: opera di gang di motocicli­sti spalleggiate dalle forze di sicurezza assi­cura la Mesa de unidad, provocazioni «fa­sciste » per il governo. Poi la svolta negozia­le: una amnistia e il rispetto delle autorità locali le precondizioni poste dall’opposizio­ne. Una trattativa che non sarà né breve né facile, mente il leader dell’opposizione par­lamentare Henrique Capriles, accarezza i so­gni di cambiamento della classe media.
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