«La situazione è critica. Specialmente dopo il ritiro americano dalle nostre strade. C’è paura, nella gente: non solo per la quotidianità che rimane incerta e precaria, ma per gli attentati che non si placano. Le ultime bombe contro le chiese hanno spezzato il morale alla nostra gente. Poi ci sono state le bombe contro le moschee. Quello che io vedo non può che essere una violenza controllata. Qualcosa di programmato». Il prossimo 15 agosto, saranno tre anni dal giorno del suo rapimento. Prigioniero per quasi un mese, senza giorno che gli venissero risparmiate le botte. Padre Saad Sirop Hanna, parroco caldeo della chiesa di San Giuseppe, è giovane, laureato in Ingegneria aeronautica, ha studiato filosofia alla Gregoriana di Roma e certo non si nasconde dietro le parole: «In Iraq la gente muore. Eravamo un Paese avanzato, adesso non abbiamo un servizio che funziona. In giro si vedono solo armi, ma ancora poco o niente si fa per la gente».
Le elezioni del 2010 possono essere una possibile svolta? Il nostro timore è che da qui ad allora la violenza domini ancora. Abbiamo il petrolio che ci ha portato solo guai e io ogni giorno prego Dio perché se lo porti via. Dove finiscono i soldi del greggio? Negli anni Settanta avevamo le migliori università e i migliori ospedali di tutto il Medioriente. Oggi i nostri ospedali mancano di dottori e le università di professori. Sei anni dopo la guerra niente è stato fatto. Qui non si tratta di dire che si stava meglio quando si stava peggio. Ma se ai nostri politici sta veramente a cuore la loro gente e vogliono la nostra fiducia, devono cominciare a fare qualcosa di vero.
Chi soffre di più? Tutti soffriamo in Iraq: cristiani, musulmani, curdi, yazidi. Non esiste una classifica. C’è un popolo unico. Noi siamo una minoranza e il dolore lo sentiamo più acceso. La mia parrocchia aveva 1.400 famiglie, ne sono rimaste 400. Gli altri sono andati via. A Baghdad c’erano 450.000 cristiani ne sono rimasti 200.000 e l’esodo continua. E poi ci sono migliaia e migliaia di rifugiati iracheni musulmani accampati ai confini.
Sembra un destino ineluttabile, la scomparsa dei cristiani da queste terre cui appartengono da sempre? Io non voglio dire questo, sono i fatti che lo attestano. Ogni domenica in chiesa non ci sono più di 40 fedeli e tutti sono anziani. Prima celebravo la Messa del mattino con 400 fedeli e altrettanto erano quelli presenti in quella della sera. Come possiamo pensare di dare un futuro ai giovani cristiani laureati che per avere un lavoro devono pagare più di mille dollari a qualche personaggio nell’ufficio giusto? Questa si chiama corruzione.
Le nuove generazioni escono fortemente segnate e penalizzate da questa situazione? Certo, le nuove generazioni, i nostri bambini, senza potere accedere a una giusta risorsa educativa, non potranno che crescere covando l’odio e la violenza. Ci vuole tanto per capirlo? E poi chi oggi si laurea e non trova un lavoro non riuscirà mai a crearsi una famiglia propria.