In una nuova fase altamente delicata della crisi congolese, i ribelli del Movimento 23 marzo (M23) stanno lasciando Goma, principale città nel nord-est della Repubblica democratica del Congo, per consegnare la sicurezza in mano a 300 poliziotti. «Ulteriori centocinquanta agenti sono attesi a breve», ha reso noto Mondje Nounoubai, portavoce della missione Onu Monusco. «Domani rientreranno le nostre truppe regolari», ha aggiunto il generale Francois Orenga, capo di stato maggiore dell’esercito congolese. la città nelle scorse ore è stata devastata da saccheggi di negozi e violenze sui civili che si opponevano. Gli insorti, che hanno già lasciato le località di Sake e Masisi, dovrebbero ritirare le loro truppe fino a 20 chilometri più a nord di Goma. Ma i dubbi rimangono. Il M23 ha infatti accusato i caschi blu di ostacolare l’accordo siglato mercoledì in Uganda. «Impediscono i nostri movimenti e bloccano il recupero della nostra logistica », ha detto Sultani Makenga, capo dei ribelli.
Resta invece drammatica la situazione per gli sfollati e i rifugiati che sono fuggiti dal fuoco incrociato dei vari gruppi armati in gioco. «Operiamo a tempo pieno, in condizioni molto precarie», ha confermato ieri padre Oswald Musoni, direttore di Caritas a Goma, «Abbiamo fatto una ricognizione dei bisogni e abbiamo iniziato la distribuzione di viveri. Ci sono molti minori non accompagnati – spiega il religioso – e siamo preoccupati per la loro sicurezza».
Le Caritas locali da mesi sono impegnate ad assistere i civili colpiti dal conflitto. Ma con gli ultimi tragici sviluppi, gli sforzi sono aumentati. «È stato lanciato un nuovo piano di intervento per aiutare 60.000 persone – recita una nota di Caritas Goma – distribuiamo cibo, coperte, teli, kit igienico sanitari, e attrezzature da cucina non solo a Goma, ma anche a Bukavu e Butembo-Beni». La Caritas Italiana (www.caritasitaliana. it) ha messo a disposizione un contributo e lanciato una sottoscrizione per sostenere le azioni in Congo.
E ha rilanciato l’appello dei vescovi africani che denunciava: «L’impotenza di uomini, donne e bambini davanti a una guerra per lo sfruttamento delle risorse».