sabato 7 ottobre 2023
Le città a guida democratica hanno smesso di aprire le braccia soffocate dai flussi record e rimproverano la Casa Bianca per la mancanza di interventi sui confini. Il presidente imita Trump
Il muro sul confine del Messico

Il muro sul confine del Messico - Ansa

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L’appello a fermare il flusso di immigrati privi di documenti che entrano negli Stati Uniti dal Sud è sempre stato un grido di battaglia dei repubblicani, che emerge con forza in campagna elettorale. Ma dopo che per quasi due anni numeri record di migranti hanno tentato di stabilirsi in Stati e città a maggioranza democratica di tutto il Paese, grazie anche ai bus carichi di disperati spediti dai governatori repubblicani del Sud ai colleghi degli Stati “blu” del Nord, la regola non vale più.

Le amministrazioni “santuario” progressiste hanno smesso di aprire le braccia. I democratici chiedono con sempre maggiore insistenza a Joe Biden di intervenire. Il governatore dell’Illinois J.B. Pritzker, ad esempio, uno dei principali donatori del presidente, ha preso di mira la «mancanza di intervento e coordinamento al confine» della casa Bianca. Il sindaco della Grande Mela, Eric Adams, e la governatrice dello Stato di New York, Kathleen Hochul, hanno messo Biden all’angolo al Palazzo di Vetro costringendolo di fatto a concedere un permesso di lavoro temporaneo a quasi mezzo milione di venezuelani in modo che le loro amministrazioni non debbano farsene carico. Poi Adams, la cui città ha assorbito 120mila richiedenti asilo nell’ultimo anno e ne riceve centinaia ogni giorno bisognosi di alloggio e lavoro, è partito per un tour dell’America Latina con un messaggio chiaro: «Venire a New York non significa stare in un hotel a cinque stelle. State a casa». Prima di partire, ha chiesto a un giudice di sospendere una norma vecchia di decenni che impone alla città di fornire rifugio a chiunque lo richieda. E Biden, a 13 mesi dalle elezioni in cui si giocherà la conferma alla Casa Bianca, non ha tardato ad ascoltare gli appelli. Questa settimana, con un retromarcia clamoroso, ha messo da parte decine di misure ambientali per far ripartire la costruzione del muro di confine voluto da Donald Trump (che ora chiede di essere ringraziato e che ieri ha rincarato la dose dicendo che gli illegali «avvelenano il sangue del Paese».). La stessa barriera che, durante la campagna elettorale del 2020, Biden aveva promesso di «non fare avanzare di un metro».

Il giorno dopo, la sua Amministrazione ha riavviato anche i voli per i rimpatri forzati di profughi scappati dal Venezuela, che rappresentano una parte consistente del flusso record di arrivi scattati alla fine dei lockdown della pandemia. Lo status di persone protette che Washington aveva esteso ai venezuelani in risposta alla situazione drammatica nel loro Paese vale dunque solo per chi ha varcato il confine prima del 31 luglio. Biden ha anche inasprito le regole per la detenzione dei migranti senza documenti, consentendo un’applicazione più estesa di una legge che permette di mettere in prigione gli immigrati che potrebbero essere testimoni nei processi per contrabbando di essere umani. Intanto ha inviato una delegazione ministeriale di alto livello, guidata segretario di Stato americano, Antony Blinken, in Messico a chiedere alle autorità messicane, panamensi e colombiane misure più rigorose per impedire il passaggio di gruppi e singole famiglie dirette a Nord.

Il tutto segna una nuova era nel dibattito sull’immigrazione che Biden deve affrontare mentre si trova sotto pressione da parte del suo partito e deve fare i conti con un Congresso diviso. Là appare improbabile il passaggio di riforme che permettano di gestire l’influsso di immigrati in modo organico, per esempio concedendo più facilmente permessi di lavoro. Anche dal punto di vista dell’opinione pubblica sono acque difficili da navigare. Perché se da un lato misure più aspre al confine accontentano la crescente percentuale di americani convinti che il numero di immigrati deve diminuire (nei sondaggi è aumentata del 10% in due anni, passando dal 39 al 49%), dall’altro un giro di vite troppo stretto può attirare al presidente accuse di incoerenza e ipocrisia. Gli elettori potrebbero cominciare a trovare “difficile distinguere tra lui e Trump su tema dell’immigrazione”, come ha fatto notare l'ex candidato presidenziale democratico texano Beto O’Rourke.

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