venerdì 25 settembre 2009
Prima condanna esemplare per gli estremisti indù: massacrarono un pastore battista. L’arcivescovo Cheenath: «Spero che ora i testimoni trovino il coraggio per denunciare».
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Attesa come un segnale di reale impegno delle autorità nella ricerca dei responsabili delle violenze anticristiane dello scorso anno, la condanna all’ergastolo inflitta ieri a cinque giovani estremisti indù va anche – come sottolinea ad AsiaNews l’arcivescovo cattolico di Cuttack-Bhubaneshwar, monsignor Raphael Cheenath, nella direzione di «spingere i testimoni a non tirarsi indietro, e a deporre la verità nonostante le minacce». Papu Pradhan (30 anni), Sabito Pradhan (30), Dharmaraj Pradhan (32), Mania Pradhan (28) e Abhinas Pradhan (29), giudicati colpevoli dell’omicidio del pastore battista Akbar Digal dal tribunale di Phulbani, uno dei due incaricati di giudicare con rito direttissimo i presunti responsabili del pogrom anticristiano che colpì l’Orissa a partire al 24 agosto 2008, estendendosi poi ad altre regioni dell’India, sono stati anche condannati a pagare una multa di 5mila rupie (circa 120 dollari) per incendio doloso, saccheggio e roghi di abitazioni.Dalla prima condanna il primo luglio scorso, quello che si è concluso ieri è stato il terzo processo per omicidio. I due precedenti, che avevano anche coinvolto Manoj Pradhan, membro del Parlamento dell’Orissa e uomo di punta in questo Stato orientale dell’India del partito nazionalista Bharatiya Janata Party, si erano conclusi con l’assoluzione degli imputati.La vicenda di Akbar Digal, pastore battista massacrato nel villaggio di Totomaha, è una delle più tragiche e emblematiche delle tante che, sommandosi, hanno dato vita alla tragedia del Kandhamal, distretto a maggioranza tribale con una forte componente cristiana. Come ricorda l’agenzia AsiaNews, il 26 settembre 2009, a distanza di oltre un mese dallo scoppio delle violenze e quando la situazione sarebbe già dovuta essere sotto il pieno controllo delle forze dell’ordine, l’uomo – la cui casa era stata circondata da un gruppo di estremisti indù – aveva cercato rifugio nei campi mentre la moglie e i cinque figli erano fuggiti in un’altra direzione. Gli assalitori avevano cercato il pastore ovunque, saccheggiando e incendiando le abitazioni del villaggio fino a quando avevano scoperto il suo nascondiglio. Al rifiuto del pastore di convertirsi, gli indù lo avevano decapitato e avevano poi dato fuoco al cadavere. Tristezza nel ricordare la sorte del congiunto, ma anche soddisfazione ha espresso Jay Prakash, uno dei fratelli di Akbar Digal, per una sentenza che «ha reso giustizia all’anima di nostro fratello. Gli attacchi barbarici esigono pene severe per i colpevoli». Ieri un secondo processo per roghi e violenze contro i cristiani nel tribunale di Bhubaneswar si è concluso con l’assoluzione dei 5 imputati. Finora i due tribunali hanno condannato a pene detentive 19 persone rilasciandone 88.
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