“I migranti mi hanno reso migliore come uomo e come cristiano”, afferma
padre Alejandro Solalinde, mentre risale su uno dei camion diretti verso il nord d’Italia. Con lui ci sono altri storici difensori dei diritti umani in Messico:
suor Leticia Gutierrez, direttrice della Missione scalabriniana migranti,
José Medina, del movimento Mesoamericano,
Rosa Nelly Santos, rappresentante delle Madri centroamericane. Insieme a una trentina di attivisti di varie associazioni - tra cui
Sur, Amnesty, Soleterre, Servizio civile internazionale, International Help –, formano la
Carovana per i diritti dei migranti, la dignità e la giustizia. Partita il 22 novembre da Lampedusa, l’iniziativa ha toccato i punti caldi dell’immigrazione italiana. E ora punta alle metropoli dove gli irregolari sono inseriti nei circuiti delle economie illegali: dopo Roma, tappa a Milano e la conclusione a Torino il 6 dicembre. “L’Italia, come il Messico, è un corridoio migratorio. Da noi tra i 4 e i 500mila centroamericani attraversano ogni anno nel tentativo di raggiungere gli Usa. Sono vittime di ogni genere di abuso da parte di potenti organizzazioni criminali”, spiega padre Alejandro che offre ai disperati protezione nel suo rifugio Hermanos en el Camino. Un impegno che gli è valso continue minacce di morte. “Anche per l’Italia passano decine di migliaia di esseri umani in fuga da guerre e carestie. E le mafie ne approfittano. Siamo qui per rivolgere un appello alla coscienza dell’Europa affinché non abbandoni africani e mediorientali nelle mani dei criminali”, continua il sacerdote.
In contemporanea si svolge per il Messico una marcia gemella, fatta dalle madri dei centroamericani che hanno perso i figli nel viaggio. Come Nelly. “Ormai, dopo dieci anni, ho trovato mio nipote. Ma continuo a sentire ogni migrante scomparso, di qualunque parte del mondo, come un parente. Per questo sono qui”, spiega la donna. Alla Carovana si è unita anche una delegazione tunisina, madri e padri di 500 giovani spariti dopo l’arrivo in Italia dal 2011.