mercoledì 12 maggio 2010
Gordon Brown ha telefonato a Blair e poi ha fatto gli auguri al suo successore. Già scattata la corsa alla leadership nel Labour. In luglio il nuovo congresso. Il leader conservatore accetta l’incarico a Downing Street «I liberaldemocratici avranno 6 ministeri»
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Gordon Brown si è dimesso. Dopo 13 anni è finito il dominio laburista a Downing Street. Poco dopo le 19, il premier, preso atto della impossibilità per il suo partito di creare una coalizione con i liberaldemocratici, ha annunciato le dimissioni («Mi dimetto – ha detto – per far nascere un governo forte») e aperto la strada al governo di coalizione fra conservatori e liberaldemocratici. Quindi ha lasciato il 10 di Downing Street con la moglie Sarah e tenendo per mano i figli e si è recato a Buckingham Palace per rimettere il mandato nelle mani della regina Elisabetta II e suggerire la nomina del Tory David Cameron a primo ministro.Dopo cinque giorni quindi la Gran Bretagna esce dallo stallo politico, eredità di un’elezione che ha sancito un Parliament senza maggioranza assoluta, con i conservatori primo partito con 306 seggi (su 650 deputati). Brown ha augurato buon lavoro al suo successore e ringraziato la moglie Sarah «per il suo amore e per il servizio che ha reso al Paese».L’uscita di scena di Brown, preceduta da una sua telefonata a Tony Blair, è stato lo sbocco naturale dell’ennesima giornata di febbrili trattative fra i negoziatori dei tre partiti. Lunedì l’ormai ex premier aveva gettato le basi per un’intesa fra le forze progressiste e spiazzato i conservatori che nei quattro giorni antecedenti avevano tenuto consultazioni con gli emissari dei Lib-dem. Ma la zampata ha sparigliato le carte per una notte appena. Ieri mattina dopo che liberaldemocratici e laburisti si sono incontrati in un clima «di positiva collaborazione», facevano sapere alcune fonti, c’è stata la rottura. Con Peter Mandelson che ha accusato il collega Ed Balls di essere all’origine dello stop. A causare lo strappo sarebbero state incomprensioni su come tagliare il deficit più che il sistema elettorale che i lib-dem vogliono in senso proporzionale. Contemporaneamente Nick Clegg, il 43enne leader dei liberaldemocratici e ago della bilancia con i suoi 57 deputati, ha incontrato Cameron e riannodato i fili di un dialogo che lunedì era solo, evidentemente, stato rallentato rimanendo però sui binari giusti.Così, a metà pomeriggio, una volta chiaro che l’intesa fra Tory e liberaldemocratici era nell’aria, è toccato a Brown, con il suo passo indietro, favorire l’uscita dall’empasse e la nascita del nuovo esecutivo. Cameron in tarda serata si è recato a Buckingham Palace per ricevere il mandato di formare il governo. Cameron ha accettato e nella sua prima dichiarazione da neo premier ha detto che costituirà un governo di coalizione con i Lib-dem che «dovrà ridare fiducia al sistema politico». «Credo che la coalizione potrà dare un governo solido e stabile». Nel governo dovrebbero entrare sei esponenti lib-dem fra cui lo stesso Clegg che diventerà vicepremier. In tarda serata i deputati liberaldemocratici si sono incontrati per dare il via libera all’accordo fra Clegg e Cameron. L’intesa, oltre a prevedere l’ingresso nell’esecutivo dei Lib-dem, contiene l’impegno a modificare il sistema di voto per garantire una maggiore rappresentanza. Sarebbe stata indicata anche una sorta di scadenza dell’intesa: due anni, il tempo di varare due finanziarie in grado di ridurre il deficit britannico (attualmente 163 miliardi di sterline). Significa che nel 2012 i britannici potrebbero tornare alle urne. Sempre che l’esperienza del governo di coalizione non si riveli fortunata. Intanto è già scattata la corsa alla successione nel Labour. In luglio si terrà il congresso straordinario. Nel frattempo sarà Harriet Harman, attuale numero due, la reggente del partito.
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