Le ultime due “morti annunciate” sono avvenute la scorsa settimana, nella comunità di indigeni guaraní-kaiowá di Amambai, nel Mato Grosso do Sul. Le vittime sono due due ragazzini di 19 e 15 anni. Entrambi si sono tolti la vita impiccandosi a un albero. Un gesto solo in apparenza inspiegabile Prima di loro, altri adolescenti e giovani nativi avevano fatto lo stesso. Uno strage terribile e, al contempo evitabile: dietro i sucidi si nascondono profonde radici sociali. «I ragazzi guaraní-kaiowá si tolgono la vita perché hanno perso la terra che per loro racchiude il senso stesso di futuro, di speranza», spiega suor Joana Aparecida Ortiz, del Conselho indigenista missionario (Cimi), organismo della conferenza episcopale brasiliana che si occupa della difesa dei popoli originari. Cacciati dai loro territori ancestrali a cause delle speculazioni agrarie, gli indios «vivono in condizioni terribili», aggiunge la religiosa brasiliana. Nella zona di Amambai, ad esempio,14mila nativi vivono ammassati in 3.500 ettari. Non hanno nemmeno lo spazio per coltivare. «Si sentono chiusi. Da qui il record di alcolismo e consumo di crack». E i suicidi: il Cimi ne ha denunciato 611 negli ultimi 12 anni. La gran parte delle vittime aveva meno di 25 anni. «Abbiamo avuto perfino due casi di bimbi suicidi di 9 e 12 anni» conclude suor Joana.