La battaglia di suor Giustina Zanato ricorda quella di Dorothy Stang, la religiosa americana assassinata nel febbraio del 2005 dai killer di potenti fazendeiros di Anapu, nello Stato amazzonico del Parà. Suor Dorothy lottava per garantire ai più bisognosi un fazzoletto di terra da poter coltivare in pace; suor Giustina aiuta le ragazzine più disperate di São Gabriel da Cachoeira, la piccola cittadina dell’Amazzonia al confine con la Colombia e il Venezuela, a rifarsi una vita lasciandosi alle spalle un passato di abbandono e, spesso, di abusi sessuali. Una cittadina dove il 90% della popolazione è indigena e dove, per le più povere, il sesso diventa spesso merce di scambio per garantirsi la sopravvivenza. Una pratica che coinvolge tristemente anche bambine fra i 10 e i 14 anni e viene denunciata, senza che nulla cambi, dal lontano 2008. Ma che è rimbalzata agli onori delle cronache, diventando un caso nazionale, solo quando la suora salesiana ha fatto sapere che il prezzo pagato per acquistare la verginità di alcune bambine indios di São Gabriel era di 20 reais, meno di 8 euro e, in altri casi, le ragazze venivano comprate addirittura con una scatola di caramelle.A spingere la polizia federale a fare finalmente luce sulla drammatica vicenda è stata infatti proprio lei, suor Giustina, 63 anni, salesiana, nata a Marostica (in provincia di Vicenza), venuta a conoscenza degli abusi attraverso i racconti delle ragazzine che ospita e assiste nel suo centro di accoglienza, la Kunhantai-Uka-Sorri, che in guaranì significa «Casa della ragazza felice», un luogo dove hanno trovato rifugio oltre 300 ragazze abbandonate della regione di São Gabriel, povere e spesso vittime di abusi sessuali. «Non è stato facile raccogliere le testimonianze, spingere le ragazze a parlare – racconta suor Giustina –. La paura, la vergogna, il timore che le loro denunce restassero impunite, come tante altre in passato, hanno reso molto difficile convincerle ad aver fiducia nella giustizia e a raccontare i fatti».Le ragazze del centro che alla fine hanno collaborato con la polizia hanno trovato il coraggio di farlo perché la religiosa italiana si è schierata al loro fianco. «I responsabili sono potenti commercianti della zona, imprenditori influenti, militari, dipendenti pubblici e probabilmente anche reclutatori specializzati legati a organizzazioni dedite allo sfruttamento della prostituzione in tutta la regione amazzonica», spiega la suora.Secondo l’Onu, in Brasile esistono 241 rotte utilizzate per il traffico di esseri umani, di cui 110 interne e 131 internazionali. Il nord del Brasile, quindi tutta la regione amazzonica, è l’area dove i trafficanti del mercato del sesso agiscono più impunemente ottenendo i maggiori introiti. Approfittano delle gravi condizioni economiche in cui versano gli indios per strappare alle famiglie le ragazzine più giovani, più carine e quindi più "adatte" a diventare prostitute. La senatrice Angela Portela, coordinatrice della Commissione parlamentare d’inchiesta sul traffico di esseri umani in Brasile, ha spiegato che per portarsi via una ragazzina i trafficanti pagano alle famiglie 1.500 reais (circa 570 euro): «Per le minorenni e per le più carine, i mercanti pagano cifre più sostanziose. Le più richieste dal giro hanno fra i 12 e i 17 anni», assicura la senatrice. I trafficanti trasferiscono le ragazze indigene nei bordelli del Suriname o di altre città dell’Amazzonia come Manaus, Boa Vista e Santarem, che si trova a 1.200 chilometri da São Gabriel da Cachoeira. Il modo di adescarle è sempre lo stesso: la promessa di un impiego sicuro, spesso come donna di servizio o ballerina; la garanzia che potranno tornare a casa se non si troveranno bene. Ma, quando giungono a destinazione, vengono private dei documenti di identità e minacciate di morte. Per riacquistare la libertà, dovranno rimborsare le spese di viaggio (biglietto aereo, vitto e alloggio) a chi le ha reclutate. Un debito troppo pesante per essere saldato con un lavoro normale, e questo renderà la maggioranza di loro schiave dei mercanti di sesso per lunghi anni.La suora salesiana, che è anche presidente del Consiglio comunale per la difesa dei bambini e degli adolescenti e coordinatrice della Pastorale dei minorenni, opera a São Gabriel da Cachoeira da quasi 5 anni. E mai prima d’oggi era riuscita a ottenere tanta ripercussione sui mass media per i casi di sfruttamento e abuso sessuale delle bambine indigene in Amazzonia, che lei difende: «Le denunce erano frequenti, ma era difficile ottenere risultati. È molto triste pensare che chi è schierato dalla parte della giustizia sia ingiusto», si sfoga la religiosa. La drammatica vicenda delle giovani indigene di São Gabriel ha richiamato l’attenzione della stampa nazionale anche perché a Iranduba, una cittadina a 25 chilometri da Manaus (capitale dell’Amazzonia), venti ragazzine, molte di loro indigene appena tredicenni, sono misteriosamente sparite nello stesso periodo. Il tribunale dei minori locale sospetta che dietro le sparizioni delle piccole indios vi sia un’organizzazione, denominata Fenix, che recluta, anche con la forza, giovanissime indigene per le case di prostituzione della Rondonia e di altri Stati amazzonici. Una delle ragazzine sfuggite alla gang di reclutatori, Renata Silva, 14 anni, ha raccontato alla polizia di essere stata condotta a Manaus, in un locale dove venivano mantenute prigioniere diverse bambine costrette a prostituirsi: «Mi hanno subito detto che, se avessi cercato di reagire, mi avrebbero ucciso. Quando ho cominciato a piangere e a gridare, sono stata immobilizzata da due uomini che mi hanno soffocata con un lenzuolo fino a quando sono svenuta».Suor Giustina spiega che è molto difficile ritrovare le giovani, convinte dai trafficanti ad abbandonare la città con promesse improbabili: «Le distanze in Amazzonia, e in Brasile in generale, sono enormi, recuperare una ragazza una volta che sia stata condotta altrove diventa un’impresa ardua – spiega –. Mi è già capitato di aiutare una mamma a ritrovare una figlia finita a Santarem, a quasi 3mila chilometri da qui. In un’altra occasione ho dovuto recarmi nello Stato dello Spirito Santo, dove una delle ragazze di São Gabriel è stata ritrovata uccisa perché voleva uscire dal giro».La religiosa salesiana, che vive in Brasile dal 1984 e ha iniziato la sua opera a favore degli indigenti di Manaus nel 1986, punta il dito contro i consumatori di questo mercato: «Non possiamo pensare solo alla responsabilità di chi guadagna facendo del sesso un commercio, non possiamo dimenticare che i colpevoli sono anche i "consumatori". Ho visto pure italiani approfittare di giovani ragazzine qui a São Gabriel. Tre anni fa – conclude la suora – ricordo di essere dovuta andare persino a Savona a recuperare una ragazzina che era stata portata in Italia».Come suor Dorothy, suor Giustina è in pericolo. Troppi nomi importanti esposti in una cittadina così piccola, dove la vita vale meno della pallottola usata per ammazzarti. Ma lei assicura, serena: «Io vado in giro per la città e non ho paura. Faccio la mia parte come religiosa e mi sento un membro della famiglia indigena che in Brasile mi ha accolto con tanto amore».