Sebbene il morso della crisi economica si sia allentato negli ultimi mesi, sembra che inizino a sorgere nuove difficoltà, particolarmente per il sud del mondo. L’allarme è stato lanciato ieri da Washington, in seguito all’intervento di Robert Zoellick, presidente della Banca mondiale. «Stiamo uscendo dalla crisi economica e finanziaria, ma dobbiamo affrontare nuovi rischi e nuove sfide», ha dichiarato Zoellick a proposito degli incontri con le autorità del Fondo monetario internazionale (Fmi) che si stanno tenendo in questi giorni. «La più grande emergenza economica è quella data dall’aumento dei prezzi del cibo, che da giugno ha creato 44 milioni di nuovi poveri». Il numero uno della Banca mondiale ha precisato che nel caso in cui il prezzo degli alimenti dovesse salire di un altro 10%, il numero di coloro che attualmente vivono in estrema povertà aumenterebbe di 10 milioni. Se il rialzo raggiungesse invece il 30%, diventerebbero almeno 34 milioni i più poveri del mondo. Poiché il prezzo dei prodotti alimentari cresce del 36% all’anno secondo Zoellick, parte delle popolazioni che hanno sofferto di più durante quest’ultimo periodo sembrano decise a fare di tutto pur di evitare una nuova catastrofe economica. Zoellick ha avvertito che «i poveri del mondo non possono aspettare poiché molti stanno già soffrendo e molti altri potrebbero diventare poveri per gli elevati e volatili prezzi degli alimentari. Quindi – ha continuato il presidente – dobbiamo mettere gli alimentari al primo posto, così da tutelare i poveri che spendono la maggior parte del loro reddito per mangiare». Secondo i dati della Banca mondiale, i prezzi degli alimentari si stanno avvicinando sempre di più ai picchi del 2008. «L’impennata dei prezzi degli alimentari – ha concluso Zoellick – ha peggiorato la situazione dei già 1,2 miliardi di persone che vivono in estrema povertà, ovvero con meno di 1,25 dollari al giorno».L’emergenza potrebbe portare all’apertura di nuovi fronti: violente proteste, ispirate dagli eventi in Nord Africa, si stanno facendo sentire in diversi Paesi dell’Africa sub-sahariana. Il leader dell’opposizione ugandese, Kizza Besigye, è stato arrestato e ferito lunedì scorso mentre protestava con altri mille manifestanti contro gli alti costi dei prodotti alimentari e della benzina. «La mano di ferro con cui la polizia ha sedato la folla ha attirato molta più attenzione di quanto i manifestanti si aspettassero», ha commentato Joseph Lake, analista per l’Economist intelligence unit (Eiu). Altre proteste si sono svolte in Swaziland all’inizio della settimana: «La gente non si fida più dell’attuale governo», ha affermato Mario Masuku, leader dell’opposizione arrestato per aver organizzato le manifestazioni. «La corruzione delle autorità dello Swaziland ha provocato un forte abbassamento dei nostri standard di vita».In Burkina Faso, in seguito alla recente morte di un giovane studente detenuto dalla polizia, sono rimaste uccise negli scontri quattro persone che protestavano contro le autorità. «Le lamentele sociali ed economiche sono sempre più radicate tra la gente», ha confermato l’analista Mark Schroeder, in riferimento alle proteste di marzo avvenute in Senegal contro il presidente Abdoulaye Wade, in carica da undici anni e in cerca di un terzo mandato non previsto dalla costituzione. «Sono ormai in tanti a pensare che i propri governi non daranno loro aiuto».