Mostre d’arte, spesso con opere di artisti cristiani. Musicisti provetti che liberamente riprendono in mano i propri strumenti, messi al bando dai terroristi. Un caffè culturale che ricomincia a vivere dopo l’attentato subito due anni fa. E soprattutto il Museo nazionale di antichità che riapre i battenti, scolaresche e gruppi in visita tra i padiglioni carichi di una storia millenaria. Sono piccoli ma significativi segnali di un Iraq che vuole rinascere, che raramente va sui giornali, sconosciuto ai più qui in Occidente, sostenuto da un popolo che si ritrova nella propria storia e nella cultura forgiata da secoli di arte, letteratura e incroci di religioni. Centro culturale Biyarq, Baghdad: pochi giorni fa qui si è tenuta una mostra di opere d’arte, tra cui quelle di alcuni artisti cristiani ortodossi, dal titolo ' La porta stretta'. Ad inaugurarla Jacques Isaac, vescovo ausiliare dei caldei di Baghdad: cinquanta manufatti, dipinti e sculture, esposti a un caloroso pubblico. Un vero evento, dato che l’ultima volta che si era tenuto qualcosa del genere correva l’anno 2002, vigilia della seconda guerra del Golfo: si trattava del festival dell’arte assira. Cultura, dunque, in una Baghdad che rivive. Come quella che si respira nuovamente al caffè Shabandar: il titolare, Mohammad al- Khashali, 77 anni, ha superato lo choc di 5 figli morti nell’attentato suicida che il 5 marzo 2007 distrusse la sua famiglia e il suo locale, considerato uno dei centri culturali più vivaci dell’ex capitale del Califfato. Situato vicino al vecchio parlamento, il Shabandar viene considerato da molti artisti come una sorta di "seconda casa": «È la nostra dimora culturale, ci ho passato un quarto di secolo » , racconta lo scrittore Kamal Latif Salem. « Ho voluto mantenerlo vivo, anche se mi è costato la vita di 5 figli» , dice il titolare al- Khashali dal suo caffè si- tuato in Mutanabi Street, che in Iraq ha fama di ' santuario dell’arte'. C’è poi il caso di chi, durante gli anni più duri del terrorismo integralista di matrice islamica, ha cercato di resistere suonando. Lo testimoniano gli studenti dell’Istituto di musicale di Baghdad, che in questi giorni ha ripreso normalmente i suoi corsi: « Andare per strada con uno strumento musicale, qualche tempo fa, poteva essere un rischio mortale » , dice Saif Salmane, alunno ventenne dell’istituto. Che ora ha superato i tempi bui dell’ostracismo e può riprendere a funzionare: «Gli studenti sono talmente entusiasti che vengono anche durante i giorni di vacanza » , si rallegra il direttore Sattar Naji. Il centro educativo era stato duramente colpito durante i bombardamenti americani per il fatto che sorgeva vicino al centro delle telecomunicazioni nazionali. Poi, durante il periodo del terrorismo più violento, la musica era considerata un attentato alla ' purezza' dell’islam. E i musicisti dovevano nascondersi. « Quest’anno è la prima volta che torniamo alla normalità » , spiega l’aspirante musicista Hazar Bassem, mentre sistema il suo liuto. Intorno a lui i suoi compagni armeggiano con il nay, un flauto obliquo, e la santour, tipica chitarra da tavolo. Cinque anni di corsi, poi il passaggio all’Accademia di belle arti è il percorso per questi amanti delle sette note. La pressione psicologica del terrorismo ha lasciato segni profondi: nelle aule dell’istituto le ragazze ( un tempo di numero pari ai maschi) oggi si contano sulle dita di una mano. A novembre l’esercito americano ha terminato l’occupazione ( abusiva) del Babel College, la facoltà di teologia del patriarcato caldeo, negli ultimi anni trasformata in una caserma dell’esercito yankee, ora in via di ristrutturazione. I giorni scorsi sono stati illuminati dalla riapertura del Museo nazionale di antichità di Baghdad, sito d’arte dove si conservano la memoria di tre civiltà (Sumeri, Babilonesi e Assiri) e 11 millenni di storia. Haji Abed Atiya alChameri, per mezzo secolo custode di queste sale, è stato un testimone diretto dei saccheggi che colpirono il Museo dopo l’invasione angloamericana: « Non potevo fermare i terroristi, venivano dentro con le pistole in mano». Le ruberie nel caos del dopo-Saddam, sottrassero al Museo 15mila pezzi di valore: 6mila oggi sono tornati al loro posto. Qualche giorno fa l’Iraq ha vissuto una giornata d’orgoglio con la riapertura ufficiale del Museo nazionale alla presenza del premier Nouri al Maliki: « Tutti quelli che hanno messo in dubbio la capacità degli iracheni di riaprire il loro museo sono invitati a venire a vedere » , ha affermato con puntiglio Wahtan Abbas, ministro del Turismo e delle Antichità. Gli Stati Uniti hanno provato a ' rimediare' alla passata trascuratezza verso la sicurezza del Museo, versando 14 milioni di dollari per il suo ristabilimento. Le operazioni di recupero dei tesori rubati sono arrivate addirittura fino in Perù, Svezia, Italia ed Egitto; dalla Siria sono ritornati 701 articoli da catalogo, dalla Giordania 2466, dagli Stati Uniti 1046. Non tutto l’edificio del Museo è stato riaperto: tra il dicastero della Cultura, che aveva manifestato ancora timori per la sicurezza del tesoro artistico contenuto, e quello del Turismo vi erano alcuni attriti sulla storica riapertura. Alla fine si è trovato un compromesso: « Sono state aperte, per ora solo con visite guidate, 8 delle 26 gallerie » , spiega Amira Edan, direttore del Museo. Alcuni articoli catalogati non sono ancora esposti per motivi di sicurezza: i celebri gioielli delle tombe reali di Ur e Nimrud restano ancora negli archivi, mentre le sale dedicati agli Assiri e all’arte islamica sono visitabili grazie a un sostanzioso aiuto italiano ( 1 milione di euro) e al lavoro di un team di esperti, capitanati dall’archeologo Giuseppe Proietti. A sinistra, il cortile dell’Istituto di musica di Baghdad, riaperto di recente. L’edificio, che sorgeva vicino al centro delle telecomunicazioni nazionali, era stato gravemente danneggiato dai bombardamenti americani. Quando il terrorismo dettava legge, la musica era considerata dai fondamentalisti come una manifestazione di impurità e veniva perseguita. Ora la scuola è tornata in attività, e viene frequentata anche da alcune ragazze A sinistra, un locale dello Shabandar, il caffè culturale più noto della capitale irachena, considerato da molti intellettuali ed artisti come una sorta di seconda casa, e che in tempi recenti ha ripreso la sua vivacità. Sopra, il Babel College che ospita la facoltà di teologia del Patriarcato caldeo, negli ultimi anni trasformata in caserma dell’esercito americano e attualmente in fase di ristrutturazione. Sono rientrati nel Museo nazionale di archeologia, recentemente riaperto al pubblico, seimila dei quindicimila oggetti che erano stati trafugati (Reuter)