venerdì 26 febbraio 2010
La vittima è Pietro Antonio Colazzo, consigliere diplomatico dell'Ambasciata italiana nella capitale afgana. Colpita un'area commerciale nelle vicinanze dell'Hotel Safi Landmark. Cinque i kamikaze ad agire. La rivendicazione è dei taleban.
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C'è anche un funzionario dei servizi segreti italiani, appartenente all'Aise, il servizio di informazione per la sicurezza esterna, fra le 18 persone rimaste uccise in un attacco suicida dei talebani a Kabul contro un hotel dove sono alloggiati stranieri. L'agente italiano è stato ucciso in una sparatoria mentre era al telefono con la polizia afgana. La Farnesina ha confermato che il connazionale rimasto vittima questa mattina nell'attacco terroristico a Kabul è Pietro Antonio Colazzo, Consigliere diplomatico dell'Ambasciata italiana nella capitale afgana.Altre vittime straniere di cui si ha notizia finora, a seconda delle fonti. Uccisi anche tre poliziotti, una trentina i feriti. Secondo una rivendicazione talebana, all'attacco hanno preso parte cinque attentatori suicidi. Uno degli attentatori si è fatto esplodere di fronte all'albergo, mentre altri due sono stati uccisi.«Abbiamo colpito sin da subito i luoghi dove risiedevano gli stranieri a Kabul che erano il nostro obiettivo». È con queste parole che il portavoce dei taleban, Dabhullah Mujahid, spiega la dinamica dell'attacco.In base al racconto del portavoce talebano sembra che gli assalitori abbiano «iniziato prima a sparare contro gli agenti della polizia con le armi leggere. Subito dopo uno di loro si è fatto saltare in aria contro l'hotel Safi Landmark, uccidendo e ferendo numerosi stranieri». Il leader talebano si ripromette di informare tutti gli internauti islamici tra poco con altre notizie aggiornate.

 

Chi era l'italiano ucciso. Pietro Antonio Colazzo, 48 anni, è il secondo agente dei servizi italiani a perdere la vita in Afghanistan dopo Lorenzo D'Auria. Nell'ottobre 2007 il sottufficiale del Sismi Lorenzo D'Auria era morto per le ferite riportate in un blitz britannico nella provincia di Farah, dopo che era stato sequestrato dai talebani insieme a un collega. A Kabul, dove era arrivato nel 2008, Colazzo era un agente operativo dell'Aise, i servizi di sicurezza italiani che operano all'estero, anche se ufficialmente era un consigliere diplomatico della presidenza del Consiglio distaccato presso l'ambasciata. In attesa della nomina del nuovo responsabile per la capitale afghana, era lui a guidare l'intelligence a Kabul ed era impegnato in particolare nella controinformazione. Che fosse operativo lo dimostra il fatto che subito dopo l'attacco talebano è stato tra i primi a reagire, a telefonare alla polizia afghana - che ha messo in salvo altri 4 italiani - prima di essere raggiunto dai colpi mortali sparati dai talebani.Nato nel 1962 a Galatina, in provincia di Lecce, Colazzo aveva una casa a Roma, era separato e non aveva figli, ma era molto legato alla sorella Stefania a cui è stata comunicata per prima la notizia della morte, essendo deceduti entrambi i genitori. All'università Orientale di Napoli aveva imparato il dari, la lingua persiana dell'Afghanistan parlata soprattutto a Kabul e nell'ovest. E proprio la conoscenza della lingua era stata probabilmente decisiva per ottenere questo delicatoincarico. Chi lo ha conosciuto lo descrive come una persona taciturna e di spessore intellettuale.
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