Sono almeno trentanove, stando al conto tenuto dall’associazione “Innocence project” (affiliata alla Scuola di legge della Yeshiva University di New York), i casi di innocenti messi a morte dal sistema giudiziario americano. Molti critici della pena capitale hanno già aggiunto a questo tragico elenco, difficile da provare ma anche da confutare, il nome di Troy Davis, l’afroamericano della Georgia ucciso nonostante sette dei testimoni che lo accusavano di aver sparato a un poliziotto abbiano ritrattato la loro testimonianza. I funerali di Davis si sono tenuti ieri a Savannah. L’uomo era rimasto nel braccio della morte per 22 anni e fino all’ultimo momento ha proclamato la sua innocenza, chiedendo che gli fosse concesso un nuovo processo. Nel 2008, Davis aveva ottenuto una sospensione della pena a due ore dall’esecuzione dopo che per lui si erano mobilitati anche Papa Bendetto XVI e l’ex presidente Jimmy Carter. Gli Stati Uniti hanno reintrodotto la pena di morte nel 1976, anche se tredici Stati (più il Distretto di Columbia, sede della capitale Washington) non l’hanno mai adottata nel loro ordinamento. Fra gli altri, tre, dopo aver fatto ricorso al boia per molti anni, hanno fatto marcia indietro: il New Jersey nel 2007, il New Mexico nel 2009 e l’Illinois quest’anno. Anche l’Ohio sta discutendo la messa al bando della pena capitale. E la scorsa settimana, in risposta alla morte di Davis, un gruppo di deputati democratici ha presentato al Congresso una proposta di legge che abolirebbe la pena di morte come punizione federale, limitandone l’uso ai singoli Stati. La fiducia nell’efficacia della pena capitale è calata nell’opinione pubblica americana dal 2000, quando l’Illinois ordinò una sospensione delle uccisioni proprio nel timore che errori giudiziari portassero all’uccisione di un innocente. Nei giorni scorsi infatti la Florida ha messo a morte un uomo, Manuel Valle, condannato per aver ucciso un poliziotto 33 anni fa, nonostante ci fossero forti dubbi sull’uso del cocktail letale utilizzato nello Stato. La Florida ha infatti sostituito con il pentobarbital, barbiturico ad azione rapida, il sodium thiopental, ormai introvabile negli Stati Uniti dopo lo stop della produzione imposto alla ditta americana che aveva la sua fabbrica in Italia. Gli avvocati del condannato hanno tentato fino alla fine di bloccare l’esecuzione appellandosi al fatto che l’anestetico non era stato testato per garantire l’immediata perdita di conoscenza del detenuto.