sabato 3 maggio 2014
Un mare di terra, fango e pietre ha sepolto interi villaggi nel distretto di Argu, nel nordest del Paese.
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All'indomani della tragedia, si confermano i contorni drammatici della strage causata dalla frana che ieri ha travolto uno sperduto villaggio nel nord-est dell'Afghanistan. Un portavoce del governatore della provincia del Badakhshan ha reso noto che, al momento, sono 2.100 le vittime confermate, appartenenti a 300 diverse famiglie.Le Nazioni Unite intanto hanno annunciato di volersi concentrare sugli oltre 4mila sfollati causati dal disastro e hanno ipotizzato il rischio di ulteriori frane nella zona. Un mare di terra, fango e pietre ha sepolto alcuni villaggi nel distretto di Argu. La frana è stata causata dal maltempo. Il Badakhshan è una provincia remota nel nord-est del Paese, al confine con Tajistan, Cina e Pakistan.  Due settimane fa acquazzoni seguiti da un lieve terremoto avevano ucciso quattro persone e distrutto un centinaio di abitazioni nella provincia settentrionale di Takhar. L'ultima grande alluvione in Afghanistan si è registrata nell'agosto scorso, quando in 40 persero la vita nell'est e nel sud del Paese, così come a Kabul.Intanto il presidente Barack Obama ha detto ai giornalisti che gli Stati Uniti "sono con il popolo afghano" colpito dalla tragedia della frana nel nord-est del Paese e sono "pronti ad aiutare per far fronte al disastro". Però appena 24 ore dopo le due frane provocate da piogge battenti che hanno sepolto migliaia di persone in un villaggio della provincia settentrionale di Badakhshan, il governo afghano ha mostrato tutta la sua impotenza permettendo alle autorità locali di sospendere già le ricerche di eventuali superstiti e di trasformare la zona disastrata in un grande "cimitero collettivo". Dopo aver rivolto ripetuti accorati appelli alla comunità internazionale affinché aiutasse i soccorritori impegnati nel villaggio di Aab Barik del distretto di Argo, sostenendo che gli smottamenti del terreno avevano causato 2.100 morti, il governatore provinciale Shah Waliullah Adib ha sorpreso tutti annunciando oggi improvvisamente "la sospensione delle ricerche delle vittime" sepolte sotto decine di metri di fango, terra e sassi. "Non abbiamo molti mezzi e non abbiamo macchine per scavare", ha spiegato ai giornalisti presenti sul posto, aggiungendo che "finora sono stati recuperati solo 15 corpi. Per cui lo stop è l'unica soluzione possibile". A questo fine le autorità locali, d'intesa con i mullah del posto, hanno organizzato per il tardo pomeriggio una cerimonia religiosa per decretare il luogo del disastro come "cimitero collettivo". Per disposizione del presidente Hamid Karzai, invece, domani in tutto l'Afghanistan si osserverà una giornata di lutto nazionale. Nel frattempo, comunque, erano pervenute al governo afghano le condoglianze di gran parte della comunità internazionale per la tragedia e l'offerta di aiuti da parte di molti Paesi, fra cui gli Stati Uniti e l'India che ora, si è appreso, saranno diretti al sostegno delle migliaia di persone che sono rimaste senza un tetto. Peraltro la Direzione per la Gestione dei disastri naturali dell'Afghanistan sta riservando una grande attenzione all'instabilità della montagna che sovrasta la zona dell'incidente per l'ipotesi che un'altra frana, la terza, si stacchi dal versante meridionale. Per questo almeno 4.000 persone sono state trasferite in un luogo più sicuro. Risparmiata dalle sofferenze della guerra civile che da decenni insanguina il Paese, la provincia di Badakhshan, confinante con Tagikistan, Pakistan e Cina, ed incassata fra le montagne dell'Hindu Kish e del Pamir, è stata spesso colpita in passato da catastrofi naturali. Ma mai delle dimensioni di quella abbattutasi ieri nel distretto di Argo, e di cui non conosceremo probabilmente mai il reale bilancio di vittime.
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