venerdì 31 luglio 2015
​L'annuncio dopo la notizia della morte del mullah Omar. Rinviati i colloqui di pace con il governo previsti in Pakistan.

Senza Omar, più vicina l'intesa? di Riccardo Redaelli
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I taleban hanno un nuovo leader. Il Consiglio direttivo del movimento (chiamato la Shura di Quetta) ha nominato il mullah Akhtar Mohammad Mansour come nuovo “emiro” all’indomani della diffusione della notizia sulla morte del mullah Omar. Ieri la famiglia del misterioso capo ha ammesso che il mullah è morto a causa di una malattia che è peggiorata nelle ultime due settimane, anche se non ha specificato data e luogo della morte. Mansour, ex ministro dell’Aviazione civile durante il regime dei taleban (19962001), sarebbe stato eletto all’unanimità dopo una notte di consultazioni tra tutti i 20 membri della Shura. L’assemblea ha anche eletto come vice Sirajuddin Haqqani, noto con il nome di Khalifa, che è anche il comandante della cosiddetta “rete Haqqani”. In verità, il presunto consenso sul nome di Mansour non fa piena chiarezza sulla posizione di tanti capi intransigenti che si erano sempre opposti alla sua candidatura. Tra questi, il comandante militare Abdul-Qayum Zakir, che aveva avanzato la candidatura di Muhammad Yacub, figlio primogenito del mullah Omar. Mansour era stato scelto come numero due del movimento dallo stesso Omar e pare godere dell’appoggio della vecchia guardia dei taleban, ma è stato ultimamente accusato di aver tenuto nascosta la sua scomparsa, continuando persino a pubblicare proclami con la sua firma. Una spiegazione del ritrovato consenso si individua forse nello stop ai colloqui di pace con il governo di Kabul. Una concessione, insomma, al campo degli intransigenti contrari ai colloqui con quello che hanno sempre considerato un governo “fantoccio” in cambio del loro benestare sul nome del nuovo capo. Mansour era noto come capofila dell’ala favorevole ai negoziati, ma proprio ieri, e in concomitanza con la nomina del nuovo leader, i taleban hanno diffuso una nota che getta un’ombra sul processo di riconciliazione. I media riportano notizie secondo cui colloqui di pace si terranno molto presto tra l’Emirato islamico e il regime di Kabul in Cina o Pakistan, si legge nella nota. L’Emirato islamico ha conferito tutti i poteri a tal proposito al suo Ufficio politico che non è a conoscenza di un simile processo. Poi la laconica conclusione: «Abbiamo più volte chiarito la questione in passato e abbiamo chiarito la posizione dell’Emirato islamico». Il secondo round di colloqui di pace, dopo quelli di inizio mese a Murree, in Pakistan, era previsto per oggi con l’obiettivo di avviare il difficile processo di pace nel Paese martoriato da decenni di guerre. Una conferma sul blocco dei colloqui è giunta anche dal Pakistan, che parla tuttavia di semplice «rinvio». In un breve comunicato, il ministero degli Esteri di Islamabad ha annunciato che alla luce delle notizie della morte del mullah Omar e la conseguente incertezza, su richiesta della leadership dei taleban afghani, è stato rinviato il secondo round di colloqui di pace. Il sito web del giornale pachistano Dawn ha scritto che sono stati informati degli ultimi sviluppi i governi di Usa e Cina, presenti come osservatori durante il primo round di colloqui di pace del 7 luglio scorso a Murree. Il governo di Kabul rimane tuttavia aggrappato alla speranza. Il presidente afghano Ashraf Ghani ha affermato ieri di ritenere «che ora ci sia più spazio di prima per i colloqui di pace».
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