La guerra civile in Libia non è ancora finita, ma la comunità internazionale ha accettato ieri lo stesso, quasi al completo, l’invito lanciato dalla Francia e dalla Gran Bretagna per un primo tavolo multilaterale sulla transizione politica ed economica guidata dagli insorti libici. Così come sullo scongelamento dei fondi detenuti in numerosi Paesi dal regime di Gheddafi, oltre all’arrivo degli aiuti di emergenza a una popolazione provata da 6 mesi di scontri. L’Eliseo ha fatto ancora una volta da cornice all’appuntamento, come già lo scorso marzo al momento del lancio dell’offensiva internazionale in difesa dei civili autorizzata dall’Onu. Deciso più che mai a non perdere il proprio ruolo di mattatore su questo fronte diplomatico, il presidente Nicolas Sarkozy ha annunciato i principali «progressi» ottenuti nel corso della conferenza, parlando al fianco del premier britannico David Cameron. «All’unanimità », ha sottolineato il capo dell’Eliseo, si è raggiunto un accordo per lo scongelamento dei fondi all’estero. Quelli già disponibili ammontano a circa 15 miliardi di dollari. «Il denaro dirottato deve tornare al popolo libico», ha martellato Sarkozy, confermando poi che la Nato continuerà i propri bombardamenti «finche il rais sarà una minaccia» e lanciando un monito implicito anche agli altri regimi (Iran e Siria) attualmente additati dalla comunità internazionale: l’intervento in Libia deve rappresentare «l’inizio di una politica che mette la forza militare al servizio della protezione di popolazioni che rischiano di essere martirizzate dai propri dirigenti». E saranno i «libici a decidere» dove processare il dittatore, sorvolando a modo suo sul mandato di cattura dell’Aja. Al Consiglio nazionale di transizione (Cnt), poi, gli «amici della Libia» chiedono d’innescare «un processo di riconciliazione e di perdono », in modo da evitare gli errori commessi in altri contesti post-bellici. In cambio, le delegazioni giunte a Parigi s’impegneranno per «allargare il riconoscimento delle nuove autorità ed aprire nuove ambasciate a Tripoli». Esprimendosi con toni meno perentori, Cameron ha invece sottolineato che «la battaglia non è ancora finita», pur esprimendo ottimismo per l’evoluzione in corso: «Senza Gheddafi, non ci sarà il caos, anche se non è tutto roseo». È stato il premier britannico a sottolineare «il ruolo cruciale pure degli Sta- ti Uniti», rappresentati alla conferenza da Hillary Clinton. Anche per il segretario di Stato americano, che ha avuto un faccia a faccia privato con Sarkozy e confermato in giornata la consegna ai ribelli di 700 milioni di dollari di beni scongelati (su un totale di 1,5 miliardi), le operazioni militari potranno arrestarsi solo con la fine delle minacce sul popolo libico. Giunto anch’egli a Parigi, Silvio Berlusconi ha partecipato a un pre-incontro ristretto assieme ai rappresentanti di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Qatar, Emirati Arabi, Giordania e Turchia. Il premier ha sottolineato ieri che occorrerà proseguire «l’attività di supporto a difesa della popolazione civile finché il territorio non sarà liberato». Fra gli altri invitati di spicco, anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Kimoon, che ha invece annunciato di voler «dare mandato a una missione Onu che dovrà cominciare le sue operazioni nel più breve tempo possibile». La conferenza ha rappresentato una nuova decisiva tappa dell’ufficializzazione internazionale del Cnt, rappresentato a Parigi dai due leader Mustafa Abdel Jalil e Mahmud Jibril. Dietro le quinte, si è discusso pure della ricostruzione e delle risorse energetiche libiche. In tutto, il plotone di «amici della Libia» era rappresentato ieri dalle delegazioni di 63 Paesi. Accanto ai vertici della Lega araba, c’era pure il capo della diplomazia dell’Algeria, Paese accusato dalla Francia di mantenere un atteggiamento 'ambiguo' verso la transizione, anche in ragione dell’ospitalità offerta ai familiari di Gheddafi. Ieri, il ministro ha fatto sapere che Algeri attende la formazione di un nuovo governo libico prima di un riconoscimento ufficiale. Fra i grandi Paesi invitati, ha declinato l’invito solo il Sudafrica, sempre critico verso il presunto «strappo» della coalizione militare rispetto ai termini del mandato Onu, come ribadito anche ieri dal presidente Jacob Zuma durante una visita in Norvegia. Gli organizzatori della conferenza parigina, inoltre, non hanno di certo trascurato i simboli: la data scelta per l’incontro è la stessa dell’irruzione al potere a Tripoli, nell’ormai lontano 1969, di un tale Muammar Gheddafi.