sabato 24 ottobre 2015
​Dalla Grande Muraglia cinese alle Piramidi, 250 monumenti nel mondo si illuminano di blu, il colore delle Nazioni unite. Ma l'organizzazione accusa non pochi problemi. (Fabio Carminati)
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La Grand-Place di Bruxelles e il suo municipio, ma anche l'Empire State Building a New York e la Grande Muraglia cinese, passando per l'Alhambra di Granada e le piramidi d'Egitto. Sono in totale 250 i monumenti in tutto il mondo che sabato si illuminano di blu per celebrare il 70esimo anniversario dell'entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite, lo statuto di fondazione dell'Onu. La Carta delle Nazioni Unite è stata firmata a San Francisco il 26 giugno 1945 ed è entrata in vigore il 24 ottobre dello stesso anno. Settant'anni e li dimostra. Oggi l'United Nations Day celebra la nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, ma anche certifica il progressivo depauperamento e la inesorabile paralisi verso cui tende l'organizzazione. Una struttura elefantiaca, soprattutto nel campo dell'assistenza e del peacekeeping riesce a sfruttare (nel migliore dei casi) poco più della metà delle risorse destinate: una buona parte dei contributi all'Onu finisce invece nelle spese di mantenimento della struttura stessa. Prove lampanti vengono dall'assistenza ai profughi o dal reperimento di fondi per l'allestimento dei contingenti militari di pacificazione.

La grande muraglia illuminata di blu. Ma il problema, è inutile negarlo ed è evidente da tempo, è politico. Una struttura decisionale (riassunta con l'evidenza di una cartina al tornasole nel Consiglio di sicurezza) strutturata su un modello "avanzato" della Conferenza di Yalta (in cui si spartì il mondo mentre stava finendo la Seconda Guerra mondiale). Un sistema di regole, quello dell'organo di governo del mondo (e delle Nazioni Unite), entrato in crisi subito ai tempi della Guerra fredda tra superpotenze e ora portato al parossismo dell'inutile inattività. Un organismo, il Consiglio di sicurezza, paralizzato dai veti incrociati in cui si riverbera sempre più lo scontro tra Stati Uniti (e i presunti alleati britannici e francesi), i russi e il potere (anche militare) sempre più emergente della Cina. Il sistema del veto e dei cinque membri permanenti resta ancora dominante sul resto del Consiglio che rimane a rotazione. Ogni decisione fa parte di giochi di potere e "scambi" che tendono spesso solo al mantenimento di equilibri geopolitici o al loro rovesciamento. Il "mantra" che ogni segretario generale dell'Onu recita è sempre lo stesso: riforma. Ci hanno provato anche negli ultimi anni Kofi Annan e Ban Ki-moon. Ma i poteri "forti" restano tali.

Il Palazzo dell'assemblea national di Phnom Penh. Una speranza era venuta, qualche tempo fa, dai Brics (una sorta di alleanza economica che rimescolava gli equilibri d'un tempo con Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Due degli elementi hanno però continuato a sfruttare (quasi in un meccanismo di doppio gioco) il duplice ruolo di "ribelli" e regolatori in seno al Consiglio Onu. E anche questa "spinta propulsiva" sembra ora vanificata. Molte proposte restano nei cassetti, altre sono in cantiere. Il mondo, settant'anni dopo, sembra però rimanere ancorato a un equilibrio scaturito dalla più terribile guerra che il mondo abbia conosciuto.

Le twin towers di  Kuala Lumpur, in Malaysia.
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