Il presidente del Sud Sudan
Salva Kiir ha proclamato lo stato di emergenza in due Stati, quello di
Jonglei e quello di Unità, dove sono in corso violenti scontri tra le
forze di governo e i ribelli fedeli all'ex vice presidente Riek
Machar. Lo rende noto lo stesso governo di Juba su Twitter, mentre
l'emittente al-Jazeera riferisce che l'esercito di Juba ha inviato
migliaia di militari nella città di Bor per riconquistare la capitale
di Jonglei che è in mano ai ribelli da martedì.
La dichiarazione dello stato di emergenza coincide con il
previsto avvio dei negoziati tra le fazioni rivali oggi ad Addis
Abeba, in Etiopia, dove si cercherà di mettere fine al conflitto
scoppiato circa tre settimane fa. Come spiegato dal portavoce del
governo etiope Getachew Reda, i colloqui hanno l'obiettivo di
"monitorare i meccanismi del cessate il fuoco". Kiir ha inviato ad Addis Abeba una delegazione
di otto negoziatori per condurre i colloqui con i sostenitori di
Machar, come rende noto al Jazeera. Ma nonostante i preparativi per il
dialogo, gli scontri stanno continuando anche su altri fronti oltre
Bor, come ad esempio Mayom e Malakal. Le violenze in Sud Sudan sono
scoppiate il 15 dicembre scorso, quando Kiir ha accusato Machar di
aver tentato un colpo di Stato. Accusa che Machar ha sempre negato,
affermando invece che l'obiettivo di Kiir è quello di sbarazzarsi dei
suoi rivali. Il presidente e l'ex vice presidente appartengono
rispettivamente alla tribù Dinka e a quella Nuer.
Si stima che negli scontri siano morte migliaia di persone,
secondo dati Onu, mentre circa 200mila civili sono stati costretti ad
abbandonare le proprie case. Jacob Kurtzer, membro della Croce Rossa
internazionale, ha detto ad al Jazeera che i rifugiati hanno urgente
bisogno di aiuto. Le Nazioni Unite, dal canto loro, si sono dette
pronte a fare qualsiasi cosa per evitare "terribili azioni di
violenza" nel Sud Sudan. In un comunicato, la missione Onu in Sud
Sudan ha denunciao "atrocità che continuano" nel Paese nonostante
gli sforzi per un cessate il fuoco, con uccisioni "su base etnica".