sabato 8 febbraio 2014
Colpi di mortaio hanno impedito l'ingresso del convoglio Onu nella città siriana: ribelli e governo si accusano a vicenda. Evacuati ieri 83 civili: donne, bambini e anziani. (IL VIDEO)
A Roma si prega per la pace
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Governo siriano e ribelli si sono accusati a vicenda oggi di avere violato una tregua di tre giorni cominciata ieri per consentire l'evacuazione dei civili dalla città vecchia di Homs e l'accesso a un convoglio di aiuti umanitari dell'Onu, che per il momento non ha ricevuto l'autorizzazione a procedere. Il governatore di Homs, Talal al Barazi, citato dall'agenzia governativa Sana, ha affermato che stamane i "terroristi", cioè i ribelli armati, trincerati nella parte assediata della città con 2.500 civili, hanno lanciato colpi di mortaio contro un comando della polizia nell'area di Saa. Il governatore ha tuttavia aggiunto di avere visitato personalmente la zona interessata e di aver chiesto alle forze lealiste di esercitare "la massima moderazione per consentire la tenuta dell'accordo".I ribelli hanno invece accusato le forze governative di avere colpito con i mortai l'area della città vecchia. Ieri i primi 83 civili tra donne, bambini e anziani, avevano potuto lasciare la zona dopo 600 giorni di assedio.Intanto un nuovo bombardamento aereo con barili bomba è avvenuto ad Aleppo: i morti sono almeno 20, secondo quanto riferisce l'Osservatorio siriano dei diritti umani. È dal 15 dicembre scorso che bombardamenti con questa modalità si succedono sulla seconda città siriana, mentre da est e nord l'esercito cerca di farsi strada nel tentativo di conquistarla totalmente. I barili-bomba sono caduti, oggi, anche su Daraya, roccaforte ribelle nella parte sud est di Damasco, assediato da oltre un anno.I civili lasciano l'assedio di HomsSolo un mesto saluto dal finestrino, dietro uno sguardo attonito, dal finestrino del bus bianco con la bandiera blu dell’Organizzazione per i migranti (Oim). Di scorta i soliti gipponi bianchi delle Nazioni Unite mentre si vede aggirarsi anche qualche giacca della Mezzaluna rossa: è la fine dell’assedio dei 600 giorni a Homs, che la tv di stato manda in onda a confermare l’annunciata tregua umanitaria di tre giorni per consentire l’esodo di bambini sotto i 15 anni, donne, uomini sopra i 55 e feriti. A sera le Nazioni Unite conteranno tre bus con 83 sfollati con evidenti «segni di malnutrizione». Il cibo le medicine per i circa 2500 civili ancora intrappolati e che si ritiene si siano nutriti per mesi solo di foglie e olive giungeranno solo oggi. Qualcosa si muove nella palude siriana se poco prima era giunto pure il via libera del governo di Damasco al secondo round dei colloqui di Ginevra 2 previsti da lunedì in Svizzera. Un accordo quello per la fine dell’assedio di Homs che rappresenta una «pietra miliare», si affretta a decretare Mosca nel ruolo di garante per Assad. «Siamo felici di aver finalmente raggiunto la possibilità di far uscire queste persone e di soccorrere quelli che sono nel bisogno nella Homs vecchia – sentenzia il vice-ministro degli esteri siriano Faisal Mekdad –. La sola precondizione è che questi aiuti non vadano a terroristi o gruppi armati». Ben diverso il commento del Dipartimento di Stato Usa: questa prima evacuazione «non può essere un sostituto di una assistenza umanitaria sicura, regolare e senza condizioni», dichiara il portavoce Jen Psaki. «Non dovremmo dare credito a un regime solo per aver fornito del cibo per pochi giorni a gente affamata, compiendo solo quello che è un dovere morale». È la prima volta da tre anni a questa parte che la Croce rossa riesce a raggiungere i quartieri centrali in mano ai ribelli e completamente distrutti dai combattimenti con l’esercito. Ma anche sull’ultima notte di assedio a Homs pesano accuse odiose che sanno di vendetta e tradimento più che di tregua umanitaria. Il regime, dichiara alla Reuters Hassan Abuzain, «ha bombardato di notte la città vecchia, questa mattina il sobborgo di Waar» dove sono stati raggruppati gli sfollati. «Siamo molto preoccupati perché temiamo che queste persone che sono giunte a Waar vengano arrestate». E poi il racconto, non confermato da nessun funzionario, che dei cecchini hanno ferito un uomo che ha tentato di salire sul bus bianco. Cecchini che potrebbero essere al soldo di chiunque e immagini televisive hanno mostrato dei fori di proiettili sulla carrozzeria del mezzo. Qualcosa si muove nella palude siriana, come un rantolo di vita soffocata, nel fango di morte e violenze. Un soffio di speranza quasi soffocato in estenuanti trattative: l’accesso di soccorritori e aiuti era stato indicato come una priorità durante il primo round dei negoziati di Montreux-Ginevra, conclusosi il 31 gennaio con un nulla di fatto. Damasco – che aveva chiesto tempo per meditare una decisione sui negoziati – dunque tornerà in Svizzera con il suo ministro gli Esteri, Walid Moallem. Un passo per aprire una trattativa che, precisa ancora Damasco, deve procedere «articolo per articolo» in base al documento di Ginevra 1. Vale a dire prima di tutto un cessate il fuoco, solo poi la transizione politica. Distanze che si ritroveranno tutte a Ginevra e che ad Aleppo sembrano davvero troppo lunghe da colmare: si combatte ancora attorno alla prigione – 47 vittime ieri – e proseguono i bombardamenti con i barili-bomba lanciati dagli elicotteri del governo condannati ieri anche da Ban Ki-moon. Sperando che non sia troppo tardi, qualcosa si potrebbe muovere lunedì a Ginevra dove le delegazioni resteranno tutta la settimana – se servirà anche di più – fa sapere lo staff del mediatore Onu Lakhdar Brahimi. (Luca Geronico)

 

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