Takeshi Ebisawa - CNN/ REUTERS
Le mani della yakuza sul plutonio e uranio birmano destinati all’Iran. È quanto è emerso dal procedimento giudiziario a carico del sessantenne boss di una cosca della mafia giapponese, Takeshi Ebisawa che ieri, in un tribunale di Manhattan, New York si è dichiarato colpevole per sei capi d’imputazione – dal traffico di materiale nucleare al riciclaggio di denaro – che prevedono pene pesantissime, fino all’ergastolo. Il cittadino giapponese, ritenuto di elevata pericolosità per la sicurezza nazionale degli Usa, è accusato di avere contrabbandato materiale fissile dal Myanmar verso l'Iran oltre a ingenti quantitativi di metanfetamine e altri stupefacenti verso gli Usa e altri Paesi in cambio di armi necessarie alla giunta militare birmana. L’uomo è stato sotto controllo dal 2019 della Dea (Drug Enforcement Administration) prima dell’arresto nel 2022.
Stretta la cooperazione fra autorità statunitensi e giapponesi a vari livelli che va chiarendo un orizzonte finora poco noto dei traffici che ruotano attorno al regime che ha preso il potere il primo febbraio 2021 in Myanmar. Regime che per sostenere la propria pretesa di controllo su un Paese sempre più ostile necessita di armi pesanti fornite da chi è in grado di aggirare gli embarghi e i divieti imposti su di esso, come pure sull’Iran e sulla Corea del Nord. Paese, quest’ultimo, che pure continua a alimentare il proprio regime di fiumi di dollari recuperati con modalità criminali e al di sotto dei radar del controllo internazionale.