Sei mesi di carcere e 91 frustate.
È la pesante pena comminata ai sei giovani iraniani finiti in carcere
a maggio per aver cantato Happy, il tormentone di Pharrell Williams,
per le strade di Teheran e per aver diffuso su YouTube il video della
performance, diventato subito virale con oltre 100mila
visualizzazioni. Lo ha riferito l'avvocato dei giovani, Farshid
Rofugaran, in un'intervista al sito Iran Wire.
Un settimo imputato è stato condannato invece a un mese di carcere, ma
dovrà comunque scontare le 91 frustate.
"Fortunatamente le sentenze
sono state sospese", ha aggiunto il legale, precisando tuttavia che
fino a quando non riceverà la notifica ufficiale della sentenza "non
posso essere sicuro al 100% della situazione dei miei clienti". "Quando una sentenza è sospesa, la pena non è
eseguita. Una pena sospesa va in prescrizione dopo un certo periodo, che
per il Gruppo Happy sarà di tre anni - ha spiegato l'avvocato - Se
durante questo periodo venissero compiuti reati analoghi, la pena
seppur sospesa sarebbe lo stesso eseguita".
Durante la loro incarcerazione, i sette ragazzi sono stati costretti a
confessare le loro colpe in diretta tv, scusandosi per l'accaduto e
sostenendo di essere stati raggirati. Una versione sottotitolata del
video e trasmessa dalla televisione iraniana ha reso noto che le
persone arrestate sono "attori" che stavano cantando
Happy per
un'audizione. "Mi avevano detto che stavano facendo un film e che
avevano ottenuto il permesso necessario - ha detto uno degli arrestati
- Mi hanno ingannato".Dopo la confessione i sette sono stati scarcerati su
cauzione. Il Gruppo Happy potrebbe ora ricorrere in appello contro
la sentenza. "Farò quello che i miei clienti mi chiedono di fare.
Siamo contenti che sia la pena carceraria sia le frustate siano state
sospese", ha affermato l'avvocato, aggiungendo che i sette non sono
soggetti a "divieto d'espatrio".Lo stesso
Williams ha protestato per gli arresti avvenuti in Iran in
relazione alla sua
Happy. "È triste vedere questi ragazzi
arrestati per aver tentato di diffondere la felicità", ha scritto
sulla sua pagina Facebook. "L'Iran è un Paese dove essere felici è un
crimine", gli ha fatto eco su Twitter il giornalista iraniano Golnaz
Esfandiari. E proprio su Twitter ha iniziato a
spopolare l'hashtag
#freehappyiranians per fare pressione sulle
autorità iraniane.