Nelle zone dei Balcani
occidentali sconvolte dalle inondazioni record degli ultimi
giorni la situazione registra timidi segnali di miglioramento,
anche se resta l'emergenza legata alla piena dei grandi fiumi, a
cominciare dalla Sava. E c'è paura per mine delle guerre
balcaniche dissotterrate da erosioni e dilavamenti.In Serbia, Bosnia-Erzegovina e Croazia - i tre Paesi colpiti
dalle alluvioni - le condizioni meteo sono decisamente
migliorate, con tempo soleggiato e temperature in leggera
ripresa. Ciò favorisce le operazioni di soccorso, ancora in
pieno svolgimento dal momento che vaste zone sono tuttora
completamente sommerse e isolate. Le vittime nei tre Paesi,
stando a un bilancio ancora provvisorio, sono una cinquantina -
30 in Bosnia, 20 in Serbia e una in Croazia, ma il numero dei
morti è purtroppo destinato a crescere. Decine di migliaia sono
le persone costrette a lasciare le loro case e messe al sicuro
in centri di raccolta e rifugi di fortuna. Finora sono state
evacuate oltre 25 mila persone in Serbia, più di 20 mila in
Bosnia-Erzegovina e 15 mila nell'est della Croazia.
In Serbia sembrano essere state messe in sicurezza le due
grandi centrali termiche - Nikola Tesla sulla Sava e Kostolac
sul Danubio, che producono buona parte dell'energia elettrica
del Paese - minacciate dall'acqua alta e dalle piene dei due
grandi fiumi. Nella capitale
Belgrado l'ondata di piena della
Sava è attesa fra lunedì sera e martedì mattina, ma le autorità
assicurano che gli argini sono stati rafforzati grazie al lavoro
ininterrotto di migliaia di volontari. Il pericolo in tutte le
zone alluvionate è ora anche il diffondersi di epidemie a causa
delle tante carcasse di animali che emergono con il ritirarsi
delle acque.
In
Bosnia in particolare è alta la minaccia di mine e ordigni
risalenti alla Guerra degli anni Novanta, ora vaganti dopo che i
campi minati ben segnalati sono stati travolti dalla acque.
E mentre prosegue e si intensifica l'afflusso di aiuti
umanitari da tutto il mondo, compresa l'Italia, a Belgrado hanno
riaperto le scuole, rimaste chiuse da giovedì scorso per la
necessità di non intralciare la macchina dei soccorsi. Intanto
si comincia a fare la conta dei danni incalcolabili arrecati
dalle alluvioni sopratutto all'agricoltura e alle
infrastrutture.
L'impegno della CaritasLe Caritas locali si sono subito attivate a sostegno della
popolazione e hanno lanciato vari appelli. Caritas Italiana
è presente sul posto con alcuni operatori a sostegno degli
interventi avviati e ha lanciato una raccolta fondi.
Le Caritas e le Chiese locali hanno già lanciato i loro
appelli attraverso la rete di Caritas Europa, sui media
locali e sui social network. Al momento, sono molto impegnate
nella prima assistenza, nell'organizzazione di punti di
raccolta, nella distribuzione di pasti caldi, nel fornire
informazioni utili.
Gli operatori italiani di Caritas nella regione stanno
visitando le località maggiormente colpite e alcuni luoghi
di prima accoglienza per poter valutare e rispondere ai
bisogni più urgenti.
La necessità principale rimane comunque la
raccolta fondi per coprire le spese della prima emergenza,
mentre nei prossimi giorni verranno elencate con più
precisione le altre necessità materiali che dovessero
presentarsi dalle missioni sul campo.