Su uno sfondo di polemiche per gli ultimi sviluppi del giro di vite anti-jihad voluto dall’esecutivo socialista dopo le stragi di gennaio e novembre 2015, la Francia commemora in questi giorni le vittime, sperando soprattutto di federare tutte le energie sociali necessarie per contrastare il fronte del terrore, le cui minacce continuano ad essere presentate come incombenti dai servizi di sicurezza. Oggi ricorre l’anniversario del massacro presso la redazione del settimanale satirico
Charlie Hebdo: un eccidio interpretato ormai da molti come uno spartiacque della storia transalpina, in un Paese costretto come mai prima a fare i conti con lo spettro di un “nemico interno” pronto a colpire senza un preciso preavviso. In questo clima, le parole indirizzate martedì sera dal presidente socialista François Hollande ai rappresentanti del mondo religioso sono parse più consensuali e proiettate al futuro che in altre occasioni. Rendendo omaggio al ruolo centrale dei vari culti nei mesi delle stragi, il capo dell’Eliseo ha sottolineato che ciò ha rappresentato «una fonte di conforto per tutti i francesi. Che siano credenti o no, vi hanno visto il segno dell’unità nazionale che deve saldarci nell’ora delle prove». In quest’occasione, in ore segnate pure dall’amarezza di molti credenti per l’ultima copertina pesantemente antireligiosa proprio di
Charlie Hebdo, Hollande, senza citare il giornale, ha impiegato parole all’insegna di una concezione aperta della laicità: «Non accetto neppure che la bella nozione di laicità sia strumentalizzata da alcuni, in modo da combattere l’espressione pubblica di un culto o per stigmatizzare un determinato gruppo di credenti. La laicità è un principio giuridico di neutralità che s’impone allo Stato e ai suoi rappresentanti. Questo principio garantisce a ciascuno il diritto di credere o di non credere, così come il diritto di esercitare il proprio culto in condizioni degne e pacifiche. Come ha detto Emile Poulat, “la laicità significa una società che fa posto a tutti”».Intanto, nel Paese, fra le conseguenze indirette degli attentati, si segnalano pure gli interventi meno timidi che in passato di certi intellettuali musulmani che chiedono apertamente «una riforma» nella formulazione di diversi principi dell’islam, in modo da contrastare le strumentalizzazioni in chiave jihadista. Ieri, in quella Place della République divenuta il simbolo della partecipazione dei parigini alle sofferenze del 2015, è stata piantata una quercia chiamata a divenire l’“albero del ricordo” delle stragi. Una cerimonia specifica è prevista domenica prossima, in presenza di Hollande. Intanto, diverse personalità politiche ricordano quel tragico 7 gennaio di un anno fa che ha dato inizio alla tragica sequenza che si è chiusa con l’ecatombe jihadista del 13 novembre. Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, apprese la notizia dell’eccidio mentre formulava gli auguri alla città: «Ricorderò sempre questa concomitanza tragica che mi ha fatto auspicare il meglio per Parigi negli istanti in cui accadevano le cose peggiori». La rappresentante socialista appartiene alla fronda che a sinistra si oppone oggi a certe nuove ipotesi del giro di vite anti-jihad, come un’ampia estensione della revoca di cittadinanza per i terroristi condannati, o come la possibile perennizzazione di molte misure dell’attuale stato d’emergenza. Una linea auspicata invece dal premier Manuel Valls. La lotta al terrorismo è annunciata ormai come la prima priorità del governo, accanto alle misure contro la disoccupazione.E proprio sul tema della sicurezza, anche il posizionamento più intransigente che mai di tutti gli aspiranti candidati del centrodestra alla prossima corsa all’Eliseo, compreso l’ex premier neogollista Alain Juppé, mostra quanto il clima nazionale sia stato profondamente condizionato dai tragici eventi dell’anno scorso.