venerdì 28 marzo 2025
Già a 8 mesi il rischio dipendenza è elevatissimo. Il parere di una counselor che mette in guardia i genitori dall’utilizzo compulsivo dei dispositivi elettronici, soprattutto lo smartphone
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Molti di voi ricorderanno un video, ben presto diventato virale, di un bimbo di soli otto mesi, stregato dal tablet che ha in mano. I genitori – verosimilmente – lo filmano ridendo compiaciuti, come a dire: “Quanto è bravo il mio piccolo che già a questa età ha dimestichezza con la tecnologia!”. Poi la madre gli toglie il tablet dalle mani. Il bimbo ha inaspettatamente una crisi di pianto, urla e agitazione, pari a una crisi che si manifesta solo nei casi di nevrosi gravi. Allora la madre gli ridà il tablet e il bimbo si acquieta magicamente. A quel punto la madre gli sottrae per la seconda volta il dispositivo e il piccolo ha una crisi nevrotica inarrestabile. Quando la madre gli rimette il tablet nelle mani, il bimbo non la perdona subito, resta agitato ancora un po’ finché non si placa e torna a immergersi nel suo schermo luminoso. Questo video ci rivela una realtà drammatica: il bimbo ha sviluppato una dipendenza dal dispositivo.

Ciò avviene con incredibile velocità e durevolezza nei primi due anni di vita circa, quando il cervello gode della massima neuroplasticità, vale a dire modula immediatamente le sue funzioni in base agli stimoli che riceve. La crisi nevrotica da dipendenza non è affatto paragonabile alla crisi di pianto innescata dalla sottrazione di un giocattolo, come qualcuno potrebbe pensare. Il bambino riesce a superare il momento di delusione che riceve quando è costretto a rinunciare a un giocattolo. Invece la crisi da sottrazione del dispositivo lascia il segno, non scompare perché comporta l’interruzione del sistema dopaminergico di ricompensa. In altre parole, il bimbo riceve un appagamento facile ed elevato, utilizzando il dispositivo, tanto da non poterne più fare a meno.

A livello cerebrale, ciò si spiega con il rilascio di dosi di dopamina, che offrono un piacere immediato e accessibile, che porta alla dipendenza, fino all’annullamento di ogni altro desiderio. Questa dipendenza è uguale in tutto e per tutto alla dipendenza da sostanze. Purtroppo, molti genitori non lo sanno e non se ne accorgono. Quante volte vediamo bimbi nel passeggino al supermercato, con in mano uno smartphone mentre la mamma fa la spesa o famiglie al ristorante che cenano tranquille perché i pargoli sono intenti a guardare il loro dispositivo? Quanto è facile andare sui mezzi pubblici o dedicarsi al lavoro e alle faccende domestiche, consegnando ai bimbi un dispositivo! Lo si vede ovunque, tutti i giorni. Sembra una questione di sopravvivenza per i genitori, costretti a gestire quotidianamente una gran quantità di cose.

Tuttavia, questo comportamento è definito “digital baby-sitting” perché sostituisce il genitore, che dovrebbe essere la figura di riferimento per la cura dei figli, con la tecnologia digitale. Viene meno il processo antico di attaccamento tra genitore e figlio, fratello più grande e fratello minore, adulto di famiglia e piccolo di famiglia, basato sull’incontro degli sguardi, il sorriso, il contatto fisico, le carezze e gli abbracci, i momenti di relazione nell’accudimento e nel gioco. Il processo di connessione “io-e-te” che si costruisce nei primi anni della vita e su cui si basa la nostra salute mentale, nel momento in cui viene sostituito dal digitale, si destruttura e il meccanismo cerebrale del piacere perde le sue coordinate. Il mondo adulto non si rende conto che il baby-sitting digitale altera il funzionamento del cervello limbico, la neurobiologia della vita.

Quindi, come introdurre la tecnologia, che ormai fa parte del nostro mondo, quando si diventa genitori? Aumentando l’umano, ovvero la relazione umana “calda”, fatta di contatto fisico, di tempo trascorso insieme. Il bimbo cresce sano ed espande le proprie potenzialità fisiche e psichiche nel contatto con la figura accudente, nell’abbraccio con chi si prende cura di lui e gli dedica la propria attenzione.

Il bimbo oggetto di baby-sitting digitale cresce, non solo destrutturato a livello cerebrale ed emotivo, ma anche fisico perché non sviluppa correttamente la propria psico-motricità. Sta inchiodato al dispositivo e non si muove, non ha nemmeno più il desiderio di muoversi che un bambino sano dovrebbe avere. Cresce menomato e quanto più è lungo il tempo del baby-sitting, tanto più il bimbo cresce con gravi disturbi mentali e fisici. Il freddo della solitudine nella chiusura del recinto tecnologico deve dunque avere il suo contrappeso nel calore della relazione umana, nel rapporto vivo “io-e-te”.

Quando diventano adolescenti, i bimbi che crescono nella dipendenza dal digitale, soffrono generalmente di solitudine e di ansia. Questa solitudine e questa ansia sono principalmente da attribuirsi all’alterazione delle funzioni cerebrali che presiedono alle emozioni. Abbiamo quindi ragazzi che non stanno bene, né con se stessi, né con gli altri, hanno difficoltà a relazionarsi con il proprio Sé e a stabilire relazioni: soffrono di un dolore psichico profondo.

Un’altra, terribile conseguenza della dipendenza dal digitale è l’incapacità di desiderare. Il desiderio, che etimologicamente significa “mancanza” ed è quindi una spinta all’azione verso ciò che manca è spaventosamente ridotto nei bambini e negli adolescenti di oggi. Proprio nell’età in cui il desiderio dovrebbe essere maggiore, come proiezione di sé nel futuro, volontà di progettare la propria vita, di costruire il futuro con l’azione nel presente, ecco che si assiste a una sorta di apatia, a un lasciarsi vivere, senza passione. Lo si sperimenta in modo molto diretto, chiedendo ai ragazzi: “Che cosa desideri per te?”. Ebbene, è desolante vederli arrancare nella risposta, come a dire: “Ma che domanda mi fai?”. Questa semplice domanda, che dovrebbe generare risposte a cascata nei bimbi e nei ragazzi, viene percepita come un tabù o addirittura come qualcosa di irragionevole. Cala il desiderio per il bene della propria persona, per la conoscenza dell’altro e l’esplorazione del mondo reale. Si giunge perfino a un forte calo dei desideri fisiologici, come quello del contatto fisico e dello scambio di effusioni sentimentali, proprio nell’età dell’esplosione ormonale. Tanto più è forte la dipendenza, tanto più cala il desiderio, inteso in senso lato, come passione per la vita.

Come possono gli adulti rompere il meccanismo della dipendenza? Riattivando nei ragazzi il desiderio, aumentando il tempo dei fattori del cervello che portano il futuro nel presente – come spiega chiaramente Daniela Lucangeli. I genitori, gli adulti di riferimento hanno l’enorme responsabilità di prendere coscienza della gravità del problema e di prendersi l’impegno di trasformarsi essi stessi in un super-stimolo in grado di superare quello dei dispositivi. Innanzi tutto, è bene prendere atto del fenomeno della dipendenza digitale e prevenirlo. Quando il danno è fatto, non si possono abbandonare questi ragazzi nel loro dolore silenzioso, che in molti casi sfocia nell’autolesionismo e addirittura nel suicidio. Alleniamo i ragazzi, chiusi nella gabbia dell’allerta e della dipendenza alle emozioni di desiderio e di rappresentazione del futuro. Non è cosa facile, può richiedere molto tempo e l’aiuto di specialisti, ma è comunque indispensabile impegnarsi per la loro guarigione. È sempre possibile riaccendere in loro il sorriso, la voglia di fare, di costruire, di progettare, in poche parole, la passione autentica per la vita.

Counselor

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