Luigi Degli Occhi con l'istruttore Massimo Magnocavallo
È la più alta vetta solitaria al mondo e anche la cima più elevata dell’intero continente africano. Per questo è stata chiamata “il Tetto d’Africa”. Lassù, sopra gli oltre 5.800 metri, arriverà Luigi Degli Occhi. Il 12 gennaio si imbarcherà, da Milano, su un volo diretto per la Tanzania, dove sarà protagonista di un progetto che si chiama Kibo, come uno dei coni vulcanici del monte.
Partirà con l’istruttore nazionale di alpinismo giovanile Massimo Magnocavallo, presidente dell’Associazione ISupersportivi, e con il fotografo Alberto Locatelli, che fermerà con gli scatti il tempo di questa avventura senza precedenti. Sì, perché stiamo parlando di un’impresa davvero straordinaria: Luigi infatti non è un atleta professionista ma un ragazzo di 14 anni, portatore di una forma di autismo a basso funzionamento. Una condizione che rende difficili anche le azioni più semplici della quotidianità e compromette la vita di relazione.
“Ma la montagna ha fatto il miracolo”, commenta con emozione e orgoglio papà Cesare, annunciando la spedizione del figlio. “La scalata al Kilimangiaro è la tappa più importante nel percorso di crescita che ha intrapreso Luigi negli ultimi anni”. Cesare ritorna alle origini di questa storia e ricorda le vacanze trascorse dalla famiglia in Trentino. “è proprio in quel luogo, e in particolare nella Val di Sole, che nostro figlio ci ha incantati con la sua naturale predisposizione alle camminate e alle salite tra le montagne. Una sorpresa quasi incredibile, considerati i severi problemi motori che ha avuto fin dalla nascita, a causa dei quali ha mosso i primi passi da solo non prima dei due anni e mezzo”.
Per far comprendere come questa attitudine abbia trasformato la vita del ragazzo, il papà fa presente le grandi difficoltà che da sempre hanno caratterizzato lo sviluppo di Luigi. “Nato al sesto mese con un parto prematuro, contrariamente alla sorella gemella, Luigi ha subìto sofferenze prenatali, e dopo la nascita ha dovuto affrontare anche la terapia intensiva”.
In seguito al bambino viene diagnosticata una sindrome non individuata dello spettro autistico. “Non erano evidenti alterazioni a livello cerebrale e di tipo fisiologico. Ma i suoi comportamenti hanno mostrato subito alcuni degli aspetti più tipici della sindrome autistica, come la ripetitività delle azioni, i movimenti stereotipati, i disagi nel linguaggio: ancora adesso Luigi non sa articolare correttamente le frasi”, dice Cesare. Che subito precisa: “Aldilà della timidezza però, lui è aperto con tutti, riesce a comunicare e a farsi intendere”.
Il papà poi sottolinea gli ostacoli incontrati in tutti questi anni. “Per noi genitori è stata un’esperienza molto faticosa sotto ogni profilo, dal rendersi conto della problematicità della sua condizione al doverla accettare. Si è trattato di un processo molto lungo. Non è stato facile realizzare che nostro figlio non sarebbe mai stato un bambino, e poi un adulto, come tutti gli altri. Eppure lui ci ha sempre ricompensato a livello affettivo, in famiglia ha sempre avuto un ruolo attivo, partecipe e collaborativo. Anche oggi, ogni giorno, la sua esistenza non rappresenta mai un peso ma una gioia e una grande ricchezza”.
Cesare piuttosto ribadisce quanto, alla forte unione domestica e familiare, corrisponda il distacco del mondo esterno. “Non siamo mai stati aiutati”, ammette. “A scuola abbiamo sempre trovato insegnanti inadeguati e impreparati, incapaci di realizzare qualsiasi modalità di integrazione. Un’emarginazione realizzata anche dai compagni, più o meno consapevoli e, quel che è peggio, anche dai genitori, resistenti davanti a una condizione di disabilità. Rimango colpito e addolorato per quanto la nostra società ancora non sappia accogliere le vite dei più fragili, nonostante rappresentino una grande risorsa educativa per tutti noi, per grandi e piccoli. La fortuna di questi figli speciali”, riconosce infine Cesare, “è quella di poter contare su una famiglia in grado di garantire loro i mezzi per migliorare la propria condizione. Altrettanto fondamentale la vicinanza di persone capaci di individuare e realizzare il loro talento”.
Per Luigi una di queste figure di riferimento è Massimo Magnocavallo, che con la sua associazione promuove lo sport come strumento abilitativo per ragazzi con disturbi cognitivi e motori. “Quando ho incontrato Luigi mi sono trovato davanti un ragazzino pelle e ossa, ma subito sono rimasto colpito dall’attenzione e dall’impegno che dedicava a ogni attività sportiva. Ho saputo della sua passione per la montagna e così l’ho portato con me a fare lunghe passeggiate, scoprendo che la fatica non lo spaventava ma che, al contrario, lo rasserenava, così come gli dava pace il silenzio delle vette. Perciò abbiamo provato a incrementare gli allenamenti. Lui si irrobustiva e manifestava una tenacia incredibile, oltre a un fisico migliore del mio, come hanno confermato anche i test cardiologici. Ha dimostrato a tutti che la salita è la sua dimensione naturale, basti pensare che ad oggi è il primo ragazzino italiano ad essere salito sui 4 mila metri”.
Da queste esperienze così gratificanti nasce l’idea di una vera e propria sfida, la salita fino alle cime della montagna africana. “Il percorso di potenziamento è durato quasi un anno e ha compreso anche ore di nuoto e canoa. E naturalmente escursioni mirate, che abbiamo fatto tra i monti lecchesi, sul Bianco e tra le vette del Cividale”, informa l’istruttore.
“Con questo progetto vorremmo dimostrare a tutti che anche un’esperienza ritenuta quasi impossibile, come questa, si può fare. Bisogna desiderare di andare sempre oltre, sempre più vicini alla vetta”, fa riflettere il trainer. “Un messaggio che lancio soprattutto ai famigliari e a tutte le persone che vivono con giovani speciali. Questi ragazzi non possono accontentarsi di riempire semplicemente le proprie giornate, devono puntare in alto e dare il meglio di sé. E quando noi li incoraggiamo, con amore e fiducia, ecco che davvero cambia la vita: non solo la loro, ma anche la nostra. Proprio come è successo tra me e Luigi: io l’ho accolto e sostenuto. Lui, tutti i giorni, mi insegna a capire il mondo e sfidare ogni cima”.