Il Non Profit ha un valore economico di 84 miliardi di euro l’anno, pari al 4,4% del PIL. Lo certifica il secondo “Rapporto Terzo Settore 2024” realizzato da Generali Italia con il coordinamento di Country Sustainability and Social Responsibility e della Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore e che è stato presentato ieri a Verona nell’ambito della Rassegna Poeti Sociali, ideata dalla Diocesi di Verona attraverso la sua Fondazione Toniolo. La Riforma sta favorendo il riconoscimento degli enti - è stato spiegato dagli autorevoli relatori alla Gran Guardia -, ma anche la trasparenza della loro gestione. E sta pure rafforzando la collaborazione con la pubblica amministrazione e con le stesse imprese private. Parliamo di una realtà viva di 129 mila enti iscritti al Registro Unico, con 530 mila collaboratori alle dipendenze e con 2,8 milioni di volontari (che però, si badi, sono in progressiva riduzione). Ma sapete in che cosa consiste la ‘potenzialità’ del Terzo Settore? Sono oltre 300 mila gli enti non ancora iscritti ma abilitati a iscriversi, con 830 mila lavoratori dipendenti e 4,2 milioni di volontari. Ebbene, per rispondere alle esigenze del presente e del futuro, Fondazione Cattolica lancia due nuovi bandi del valore complessivo di 500mila euro ciascuno: il primo, “Una Mano a chi sostiene”, è un’iniziativa dedicata ai progetti che promuovono inclusione e coesione sociale; il secondo, “People raising 2024”, punta a facilitare i processi di selezione di risorse umane qualificate degli enti.
“Con questi due bandi intendiamo promuovere una cultura della filantropia tesa a dare risposte di carattere strutturale alle problematiche di crescita e consolidamento del Terzo Settore che così chiaramente vengono messe in luce dal Rapporto di Generali Italia – spiega Paolo Bedoni, presidente di Fondazione Cattolica -. I due bandi, complementari per concezione e finalizzazione, sono aperti all’innovazione e alla sperimentazione”. Bedoni conferma che in questo modo s’intende sollecitare, sostenere e premiare progetti che rafforzino le competenze e le capacità organizzative e manageriali degli enti che operano nel Terzo Settore e più in generale nell’area del non profit e – attenzione – sviluppando sul territorio dialogo e collaborazione anche con le istituzioni pubbliche. Piero Fusco, responsabile Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore di Generali Italia e vicepresidente di Fondazione Cattolica, puntualizza che grazie alle competenze della Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore di Generali Italia “ci mettiamo in ascolto degli enti e dialogando con loro creiamo sinergie per sviluppare percorsi tesi a sensibilizzarli su una giusta ed efficace gestione del rischio che contribuisce alla stabilità e all’efficacia, per una serena conduzione delle proprie attività”. Aiuti indispensabili perché secondo il Rapporto presentato da Barbara Lucini, responsabile Country Sustainability & Social Responsibility di Generali Italia ed Enea Dallaglio, Mbs Consulting del Gruppo Cerved, la maggior parte degli enti è di piccola dimensione (142 mila euro di entrate l’anno, come media). E, si sa, la mancanza o l’incostanza dei finanziamenti può minare la sopravvivenza degli enti. Il 59,8% delle organizzazioni non supera i 30 mila euro di entrate annue e il 28,9% arriva a contarne tra i 30mila e i 200 mila euro. Solo il 14,6% degli enti impiega lavoratori dipendenti. Diminuisce purtroppo il volontariato organizzato. Si pensi che tra il 2015 e il 2021, la contrazione (causa pandemia?) è stata addirittura del 16,5% pari a 900mila persone in termini assoluti, a fronte di una crescita potenziale di forme più “liquide” di volontariato.
Ecco, dunque, che l’indagine – come rilevano Lucini e Fusco – evidenzia, da una parte, “l’apporto determinante della Riforma nel favorire la professionalizzazione di questo universo che contribuisce in maniera decisiva alla crescita e all’innovazione sociale del Paese” e dall’altra “mette in luce la necessità di una nuova partnership tra il Terzo Settore, il pubblico e le imprese private, per rinnovare questo mondo”. Con, appunto le Generali che “accompagnano questo processo”, attraverso “la conoscenza, il dialogo e la frequentazione di queste realtà”. Viene così confermato che il Non Profit tout court resta una piattaforma di solidarietà attiva ancora molto forte: 360mila organizzazioni con circa 900mila lavoratori dipendenti (circa il 5% del totale nazionale), con un incremento di oltre 200mila dipendenti in dieci anni, a cui vanno ad aggiungersi 4,6 milioni di volontari, circa il 9% degli italiani con più di 14 anni. La quota di donne è del 57,2%, ben 18 punti in più rispetto alla media generale delle imprese. Gli under 35 si attestano al 20,2%, mentre i 36-45enni rappresentano il 32,4%. La presenza dei giovani volontari è limitata: mediamente del 22,8%, con forti differenze interne. Il motivo? “Il Terzo Settore appare rimasto legato a motivazioni, modelli organizzativi e linguaggi che non sembrano incontrare le motivazioni, i modelli relazionali e i linguaggi delle giovani generazioni, pur esprimendo valori sociali, ambientali e comportamentali a loro molto vicini”, ammettono Lucini e Dallaglio.
La mattinata era iniziata con il vescovo di Verona, monsignor Domenico Pompili, e il professor Mauro Magatti dell’Università Cattolica, che avevano risposto ad alcuni giovani su queste ‘fratture”. “Sicuramente noi adulti dobbiamo ascoltarvi di più e darvi la parola”, ha detto il vescovo, “riconoscendo che siamo inadeguati”. Anche perché – ha aggiunto Magatti – “troppo poco siamo capaci di riconoscere i nostri fallimenti”. Il Terzo Settore si conferma comunque in grado di contribuire al rinnovamento generale dei sistemi di welfare, grazie alla maturità che ha raggiunto e alla sua diffusione nel territorio. Il 62% degli enti del Terzo Settore fornisce servizi alle persone (circa 180-190 mila organizzazioni). Complessivamente il 45% degli enti offre servizi alla generalità delle persone, mentre il 16,9% si occupa di specifiche categorie di fragilità sociale quali disabilità, isolamento, discriminazione, difficoltà economico-lavorativa
Le sfide per il futuro? “Siamo chiamati a confrontarci con la frantumazione del tempo libero – afferma Lucini -, l’evoluzione culturale di motivazioni, temi e linguaggi che spingono i più giovani ad avvicinarsi al mondo del volontariato e progettare modelli di partecipazione più differenziati, digitalizzati e flessibili. Il volontariato vive oggi una grande diffusione delle modalità di partecipazione occasionale (57,5% dei volontari) o addirittura informale”. Molti enti si stanno confrontando con temi legati alla necessità di affrontare un ricambio generazionale. “Per attrarre i giovani le principali sfide saranno: conciliare il lavoro con le esigenze della vita personale, allineare i livelli retributivi al mercato, promuovere percorsi di formazione dedicati”. Il rapporto evidenzia, infine, che per il 65,4% degli enti il fattore critico è l’accesso ai finanziamenti pubblici, seguito per il 60,3% dall’accesso ai finanziamenti privati. Il 30% delle entrate del settore dipende dalla pubblica amministrazione. La riforma del Terzo Settore, che ha confermato, tra l’altro, coperture assicurative verso i volontari e una gestione più professionale e trasparente, ha posto le basi per una più diffusa e consapevole gestione del rischio. Secondo quanto rilevato dall’indagine, l’83,6% degli enti ha stipulato un’assicurazione per i volontari. Esiste ancora una quota non marginale di enti, il 16,4%, che non ha ancora provveduto ad assicurare i propri volontari.