martedì 26 aprile 2016
«È la parte finale dell’incontro - spiega Francesca Contardi, docente di Gestione delle carriere alla Liuc - quella che di solito è riservata alle domande del candidato. Molte persone pensano che questo momento non sia importante, ma non è affatto così».
Ecco come stupire il selezionatore
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Come mai stai cercando lavoro? Che compiti svolgi nella tua azienda attuale? Quali sono i tuoi obiettivi professionali? Perché vorresti lavorare proprio qui? Sappiamo bene che, durante qualsiasi colloquio, è sempre il selezionatore a porre le domande al candidato. "Ma c’è un parte di colloquio – dichiara Francesca Contardi, docente di Gestione delle carriere all’Università Liuc di Castellanza – che tendiamo a sottovalutare. È la parte finale dell’incontro, quella che di solito è riservata alle domande del candidato. Molte persone pensano che questo momento non sia importante, ma non è affatto così. Questa, infatti, può essere un’ottima occasione per stupire il selezionatore, magari addirittura rivolgendo alcune delle domande più classiche che ci sono state poste poco prima".Ecco qualche esempio: 1.    “Perché ti interessa lavorare in questa azienda?” potrebbe diventare “Cosa ti ha spinto a lavorare qui?”: tutti i selezionatori vogliono sapere perché ci si sta candidando a una determinata posizione e perché si vuole lavorare proprio nella sua azienda. È una domanda apparentemente banale e superficiale, ma in realtà ha uno scopo ben preciso: comprendere le capacità analitiche e di ricerca del candidato (quanto sappia dell’azienda, dei suoi lavori, dei suoi competitor, di come opera sul mercato). Chiedere proprio al selezionatore cosa lo ha portato in quegli uffici e, soprattutto, cosa lo spinga a rimanerci può fornire elementi utili per avere un quadro più completo e diretto dell’azienda.  2.    “Dove/come ti vedi nei prossimi cinque anni?” potrebbe trasformarsi in “Dove/come sarà l’azienda nei prossimi cinque anni? È certamente importante per il selezionatore capire gli obiettivi a medio-lungo termine del candidato e avere un’idea dei piani professionali di chi si trova di fronte. Un’ottima strategia può essere ribaltare su di lui la domanda per capire se prevede un incremento del business dell’azienda e/o qualche cambiamento significativo.  3.    “Mi racconti la tua giornata tipo?” potrebbe diventare “Mi puoi raccontare la giornata tipo nel ruolo che dovrei ricoprire?” Attraverso questa domanda il selezionatore vuole capire quali competenze specifiche e pratiche ha il candidato e, di conseguenza, se può ricoprire un determinato ruolo nella sua azienda. L’altra domanda, invece, può essere uno strumento utilissimo per capire quali saranno i futuri compiti e, soprattutto, se sono già ben definiti.  4.    “Come interagisci con le persone difficili?” può diventare “Come gestisci i conflitti nel tuo team?” Nessuno vuole avere in azienda una persona incapace di smorzare i conflitti o, ancora peggio, incline a crearne. Ma la vera finalità di questa domanda, in realtà, è un’altra: capire i processi di risoluzione di problemi o conflitti e, di conseguenza, conoscere quelle che sono definite le soft skills del candidato. Dall’altro lato, rivolgendo la domanda al selezionatore, sarà possibile capire lo stile manageriale e le doti di leadership del proprio interlocutore.  5.  “Perché dovrei assumere proprio te” si può trasformare in “Hai qualche perplessità legata al mio curriculum o alle mie competenze?” Si tratta di una domanda molto frequente durante i colloqui e serve principalmente per capire quale contributo – professionale ed umano – il candidato può dare all’azienda. Sapere, invece, quali punti deboli ha notato il selezionatore può essere utile (anche in futuro) per modificare alcuni aspetti e, aspetto ancora più importante, dimostra che il candidato non ha timore di ricevere critiche costruttive, ma anzi è disposto a migliorarsi.
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