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«La crescita non è l’antidoto alla povertà e alle disuguaglianze». Questo è il messaggio controcorrente del recente studio di Caritas Europa, “Going beyond economic growth” (in italiano si può tradurre in “Andare oltre la crescita economica”) che interpella l’Europa sul ruolo che può avere nella costruzione di un’economia giusta per il bene comune.
A essere smentita è la narrazione mainstream sulla maggiore crescita economica che crea più posti di lavoro e ricchezza e porta a un migliore tenore di vita per tutti. Vengono mostrate, invece, tutte le contraddizioni insite alla crescita senza freni, che accentua le disuguaglianze sociali, ha un impatto sproporzionato sulle persone più povere e provoca ricadute insopportabili sulla Terra, la nostra casa comune. Finché la nostra economia sarà guidata dal profitto e da una crescita economica illimitata, continuerà a essere distruttiva, in termini sociali, ambientali e politici: è la denuncia che Caritas Europa pone all’attenzione dei legislatori europei, proponendo i cambiamenti necessari a intraprendere nuova rotta. Che il sistema economico attuale, incentrato sul Prodotto interno lordo (Pil) come principale misura del progresso, rappresenti una delle cause principali di ingiustizia sociale e ambientale nel 2020 lo aveva ricordato persino il Papa chiamando a raccolta il movimento Economy of Francesco , che si regge sulle fondamenta della Dottrina sociale della Chiesa, e prima ancora sulla cura della casa comune il percorso era stato tracciato dall’Enciclica Laudato si’ .
Eppure, siamo ancora molto indietro rispetto a queste grandi sfide, perché? «La crescita economica è così radicata nelle nostre menti come obiettivo politico prioritario che non ci fermiamo a ragionare sulle conseguenze » ha spiegato Lucy Ann, senior policy and advocacy officer e co-autrice del report assieme a Luísa Fondello, senior international cooperation officer di Caritas Europa. «Non ci fermiamo a considerare se abbia senso perseguire la crescita a tutti i costi. E se sarà sempre possibile ». Se si guarda alla quantità di energia e risorse naturali che consumiamo, è chiaro che non lo sia. «Se continuiamo a perseguire solo la crescita, mentre allo stesso tempo cerchiamo di affrontare problemi di povertà, disuguaglianza, cambiamento climatico e perdita della biodiversità – ha proseguito Ann –, è come se cercassimo di fare qualcosa con una mano legata dietro la schiena. Questa ricerca farà sempre deragliare tutti gli sforzi per promuovere il bene comune, perché da un lato provoca ulteriore povertà e disuguaglianza e dall’altro richiede, però, tutta l’attenzione della politica ». Secondo Caritas Europa, per creare economie e società eque e giuste è necessario mettere al primo posto il benessere delle persone e dell’ambiente, «dobbiamo ridistribuire la ricchezza, migliorare l’accesso alla protezione sociale e concentrarci sul lavoro dignitoso invece che solo sul “lavoro”» ha aggiunto Ann.
A due giorni dall’apertura della COP29 a Baku si è riacceso il dibattito sull’abbandono dei combustibili fossili: «È perfettamente possibile ma, cosa più importante, è necessario per la nostra sopravvivenza. Auspichiamo che alla COP29 i leader dell’Ue possano essere all’altezza delle loro affermazioni e dimostrarsi leader globali del clima. Abbiamo bisogno di una maggiore volontà politica da parte dei Paesi del Nord del mondo nel ridurre l’uso di combustibili fossili, ma anche di quei settori ecologicamente distruttivi. Allo stesso tempo deve aumentare il supporto verso i Paesi del Sud del mondo in termini di mitigazione del clima, adattamento e finanziamenti per perdite e danni che abbiamo già causato loro. Non abbiamo tempo per altre narrazioni sui ritardi climatici e sugli impegni non rispettati» ha spiegato ancora la senior policy and advocacy officer di Caritas Europa. C’è anche bisogno «di vedere una vera implementazione delle energie rinnovabili. In questo momento, le energie rinnovabili non stanno sostituendo i combustibili fossili, ma solo aggiungendo fonti energetiche. Allo stesso tempo, dobbiamo essere consapevoli che sostituire semplicemente i combustibili fossili con le energie rinnovabili non è la risposta.
Nei Paesi del Nord del mondo, dobbiamo consumare molta meno energia di quanta ne consumiamo attualmente. Questo è l’unico modo in cui possiamo fermare il cambiamento climatico e garantire che tutti nel mondo possano vivere una vita dignitosa». In Europa, più di 41 milioni di persone (il 9,3% della popolazione dell’Ue) vivevano in povertà energetica nel 2022 perché non avevano accesso a servizi e prodotti energetici essenziali. E a essere maggiormente colpiti da eventi meteorologici sempre più irregolari come forti piogge che causano inondazioni e frane, siccità che può distruggere l'agricoltura di sussistenza e temperature irregolari, sia calde sia fredde, sono soprattutto le persone più vulnerabili, quelle stesse che nei Paesi del Sud del mondo sono maggiormente a rischio a causa dell’intensità e della frequenza degli eventi meteorologici estremi».
A fronte di tutte queste sfide Caritas Europa chiede ai decisori politici dell’Unione di agire con politiche interconnesse per costruire un’economia giusta per il bene comune, dando priorità al benessere delle persone e dell’ambiente. Serve «adottare una prospettiva più ampia per vedere che le politiche che vengono trasformate in leggi in Europa possono avere enormi conseguenze sulle persone in altre regioni del mondo. Tutte le politiche dovrebbero essere giuste per le persone in Europa e altrove – ha spiegato ancora Ann, di Caritas Europa –. Abbiamo bisogno di politiche per ridurre il nostro consumo di energia e risorse in Europa, per rispettare i nostri impegni climatici globali, per garantire una giusta transizione energetica, per investire nella protezione sociale e nel lavoro dignitoso, per finanziare lo sviluppo umano, per garantire la responsabilità aziendale e per riformare le istituzioni finanziarie internazionali».