
Il carcere milanese di Bollate - Imagoeconomica
Da un lato ci sono i numeri teorici, dall’altro quelli reali. La forbice però si allarga sempre più, in negativo. Il dramma del sovraffollamento è acuito dalle condizioni strutturali delle carceri: dei posti previsti sulla carta, oltre 4.500 – cioè quasi uno su dieci – sono in realtà non disponibili. Sono inagibili o inutilizzabili, temporaneamente o da lunghi periodi, dunque in sostanza “chiusi”. Più passa il tempo e più il numero dei posti “fuori uso” aumenta, mentre i reclusi crescono sempre di più. Il paradosso della contabilità penitenziaria è inciso nei numeri di un recente report del Garante nazionale dei detenuti, elaborato partendo dai dati del ministero della Giustizia, e racconta di quanto successo negli ultimi anni, in un’epoca scandita dal sovraffollamento cronico.
A fine 2020 in Italia la capienza formale degli istituti di pena per adulti era di 50.564 posti; al 17 marzo di quest’anno, data di riferimento del dossier, i posti teorici sono saliti a 51.323, cioè se ne sono aggiunti 759. In realtà, quelli realmente disponibili sono andati riducendosi. Perché c’è un’altra voce messa in colonna, ed è l’aspetto più concreto della quotidianità dietro le sbarre: sempre tra quelle due date, cioè in poco più di quattro anni, i posti effettivamente disponibili – quelli utilizzabili – sono scesi dai 47.193 di fine 2020 ai 46.811 del marzo 2025. In altri termini: si sono “persi” 382 posti reali, nonostante si siano approntati lavori e progetti per ampliare, almeno sulla carta, gli spazi detentivi. E così, attualmente quasi il 9% dei posti teorici nelle carceri italiane risulta “fuori uso”. Tema d’attualità, visti gli appalti lanciati recentemente dal Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, col bando di gara per la realizzazione di 384 posti – organizzati in «moduli detentivi» prefabbricati – sparsi tra dieci istituti del Paese. L’escalation della popolazione carceraria è d’altronde evidente: al 30 dicembre 2020 – durante la fase di maggiore emergenza del Covid erano state ampliate le misure alternative per ridurre il sovraffollamento e contenere il rischio di contagio – in Italia si contavano 52.273 detenuti, al 17 marzo 2025 si è saliti a quota 62.137, con un incremento di 9.864 reclusi e l’indice di affollamento che ha raggiunto il 132,8%. Sono numeri, quelli dei posti inagibili e quelli del sovraffollamento, che si tengono stretti in un «rapporto – così lo definisce il dossier del Garante dei detenuti – che ha una diretta correlazione». La fotografia del Garante scava nelle criticità del sistema, censendo i «posti per varie ragioni temporaneamente inagibili»: il divario «aumenta sempre in negativo, ossia con una riduzione dei posti disponibili a fronte di un progressivo aumento delle persone detenute, che, come detto, incide negativamente sull’indice di affollamento», si legge nel documento. Calibrando la quota di posti inagibili rispetto al totale dei posti teorici, le carenze maggiori si rilevano nel Provveditorato delle carceri di Puglia e Basilicata (è fuori uso il 13,8% dei posti), nel Provveditorato della Toscana e Umbria (13%), in quello della Sardegna (11,7%) e in quello di Lazio, Abruzzo e Molise (11,3%). Caso emblematico è il carcere milanese di San Vittore, dove su ben 220 posti su 702 (il 31,3%) non sono attualmente disponibili, mentre i detenuti presenti sono 1.012 e l’indice di affollamento ha toccato il 215%. Una struttura, scrive il Garante, «in cui è stata registra anche la presenza di persone detenute allocate in camere di pernottamento che risultano essere al di sotto dei 3 metri quadri consentiti per ciascun individuo, secondo il parametro della Corte europea dei diritti dell’uomo».