sabato 7 febbraio 2015
​La Grecia sembra sempre più sola contro tutti, il governo chiede nuovi aiuti a fine mese. Ma il prestito ponte non arriverà.
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La resa dei conti, è proprio il caso di dirlo, sarà mercoledì prossimo, per un Eurogruppo straordinario convocato dal suo presidente, Jeroen Dijsselbloem, proprio alla vigilia del Consiglio Europeo che vedrà riuniti a Bruxelles i leader dei Ventotto, una prima per il neopremier greco Alexis Tsipras. Una corsa contro il tempo, ieri fonti del governo greco hanno fatto sapere che le casse greche potrebbero essere vuote già a fine mese senza nuovi aiuti. Il secondo programma da 130 miliardi di euro lanciato nel 2012 scade il 28 febbraio, ed è ormai difficile che entro quella data saranno sborsati i 7 miliardi di euro dell’ultima tranche, legati all’ormai inverosimile rispetto di Atene delle richieste della troika (Fmi, Bce e Commissione Ue). Non a caso ieri un portavoce del ministero delle Finanze tedesco ha intimato ad Atene di presentare nuove proposte entro l’Eurogruppo dell’11 febbraio. Proprio da quel giorno, del resto, la Bce cesserà di accettare titoli ellenici come garanzia per la liquidità fornita alle banche greche. Il problema è che il doppio tour europeo di Tsipras e del suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis si è rivelato un sostanziale fallimento: l’idea di un condono di una parte del debito caldeggiata dal nuovo esecutivo ellenico si è scontrata con il no unanime di tutti i creditori. Né trova piede la proposta greca di un 'prestito ponte' di alcuni mesi, il tempo di trovare un accordo con i creditori. «Non facciamo prestiti ponte», ha dichiarato secco Dijsselbloem ieri. Non stupisce: l’idea di Atene è di un prestito di 4-5 mesi senza dover sottostare ad alcuna supervisione, mentre Bruxelles ha fatto sapere che prestiti senza un memorandum d’intesa (con condizioni e controlli) sono impossibili. Certo è che alla riunione degli ambasciatori dei 28 a Bruxelles giovedì sera la Grecia si è ritrovata 'sola contro tutti'. Particolarmente ostili non solo la Germania, ma anche Finlandia, Olanda, Repubbliche Baltiche, così come Portogallo e Spagna che hanno dovuto sottostare a dure condizioni per i relativi prestiti e non ne vogliono sapere di 'regali' alla Grecia. «Non si può semplicemente dire: 'Non ci atteniamo alle condizioni sottoscritte, ma abbiamo bisogno di soldi'», ha sintetizzato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. La Germania ha anzi fatto circolare a Bruxelles un documento in cui si afferma che Atene dovrà rimangiarsi le prime misure anti-austerity annunciate a fine gennaio e dovrà attuare le riforme e le altre richieste dalla troika (Bce, Commissione Ue e Fmi). Gli europei, semmai, sono disponibili a estendere il vecchio programma, ma dovrebbe essere Atene a chiederlo, accettando di restare sotto il controllo della vituperata troika. Scenario respinto seccamente dal governo greco: «Non accetteremo alcun accordo che non si riferisca a un nuovo programma », facevano sapere ieri fonti del ministero delle Finanze, citate dall’agenzia Reuters. Ancora ieri Dijsselbloem ha esortato la Grecia a chiedere l’estensione del programma al prossimo Eurogruppo ordinario in calendario il 16 febbraio per evitare problemi finanziari alla zona euro. Lo stallo ha spinto l’agenzia di rating Standard&Poor’s a ri-declassare Atene da B a B-, annunciando per il 13 una nuova decisione, visto che è «ridotto l’arco di tempo in cui il nuovo governo può raggiungere un accordo». Una situazione allarmante, ma si lavora a ritmo serrato per evitare il peggio. «Nell’Eurogruppo e nell’Ecofin non c’è un conflitto tra squadre. Si ricerca una soluzione condivisa», commentava il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. «Ci sono i margini per un prolungamento» (del prestito del Fmi n.d.r.). Ma ci vuole un nuovo programma», diceva pure Carlo Cottarelli, membro del Comitato esecutivo del Fondo Monetario. E anche Atene parla ora di un 'contratto' con i creditori, in cui specificherà le riforme che intende attuare, e come vuole gestire la spesa pubblica. La stessa Germania è pronta a parlare di 'contratto' anziché di 'programma', e anche di dare un nome diverso alla troika («mi pare sia un nome greco – ha detto Schäuble – ma è uguale»). E Atene ha precisato che respinge la troika come équipe tecnica, ma non rifiuta di cooperare con Bce, Commissione Europea e Fmi come istituzioni. Qualche spazio, insomma c’è, ma sarà arduo. 
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