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In auto, ma non per scelta. Anche il tasso di utilizzo dei mezzi pubblici diventa un indicatore economico, in questo caso direttamente proporzionale al conto in banca. Sono le famiglie con maggiori difficoltà quelle costrette, dalla carenza di servizi nelle aree periferiche o interne del Paese dove risiedono, ad usare il mezzo privato per qualsiasi spostamento. Che si tratti di andare al lavoro o di accompagnare i figli a scuola. Il 21esimo rapporto sulla mobilità degli italiani “Audimob” realizzato dall’Istituto superiore di formazione ricerca per i trasporti (Isfort) e presentato ieri nella sede romana del Cnel fotografa un’Italia diseguale anche quando si parla di prendere l’autobus. Con un paradosso solo apparente: le famiglie con un reddito basso sono le forzate dell’auto: la usano di più, nonostante i costi siano evidentemente maggiori, perché non hanno alternative. La forbice tra chi ha un reddito inferiore ai 15mila euro e chi ne ha uno superiore ai 25mila è elevata: i primi usano l’auto o la moto nel 72% dei casi (con picchi del 75% nelle zone ultraperiferiche) i secondi solo nel 56,4%. Un campanello d’allarme che testimonia una programmazione carente del servizio che premia chi vive in zone centrali e quindi più care. La mobilità attiva, che riunisce gli spostamenti a piedi, in bici e con i mezzi pubblici, è diventata un lusso che non tutti possono permettersi.
Avanza nelle grandi città dotate di metropolitane e tram, ad uso e consumo soprattutto dei quartieri centrali, arretra nelle zone svantaggiate. Non è un caso che quasi un terzo degli intervistati (il 29,1% nel 2024 con un lieve calo rispetto all’anno precedente) vorrebbe utilizzare di più i mezzi pubblici ma non lo fa perché non ce ne sono. Nel complesso il primo semestre del 2024 ha fatto registrare un lieve calo di chi si sposta in auto: è il 63,1% degli italiani (era il 65% nel 2023). Moto e micromobilità (bici e monopattini) sono ormai quasi appaiati, rispettivamente con un 4,2% e 3,9%. Il dato complessivo sull’utilizzo dei mezzi pubblici è abbastanza striminzito se paragonato ad altri paesi europei, nel 2023 è pari all’8,6% (meno della metà di quel 18,6% che si sposta a piedi), con un calo del 2,2% rispetto all’epoca pre-Covid, che anche in questo ambito ha rappresentato uno spartiacque. Tutt’altra musica quando si parla di treni. Alta velocità e Intercity conquistano gli italiani con un aumento tra il 2019 e il 2023 rispettivamente del 2 e del 10% e nel primo semestre del 2024 mettono a segno ulteriori aumenti. Meno positivo il dato sui treni regionali con un calo del 13% in quattro anni ma una buona performance nel 2024 (+18%).
A pesare in maniera negativa sull’offerta e sull’utilizzo di trasporto pubblico locale, oltre alla rivoluzione dello smartworking, sarà la questione demografica. Il motivo è presto detto: sono i ragazzi che vanno a scuola e all’università gli utenti più assidui dei mezzi pubblici. La loro presenza crollerà del 15% da qui al 2034 e del 28% dopo altri 10 anni portando ad una contrazione complessiva dei passeggeri del 3 e del 9%. Analogo andamento subirà il personale del trasporto pubblico e quindi il servizio.
In un panorama a dir poco difficile le auto elettriche hanno, per il momento, solo il ruolo di comparsa. Quelle “pure” sono appena lo 0,54% del totale a cui si aggiunge un 5,4% di motori ibridi. Il mercato è tuttavia in espansione con un aumento delle vendite: l’anno scorso il 40% delle macchine vendute sono ad alimentazione ibrida, erano il 14,5% nel 2020. Il tasso di motorizzazione in Italia continua ad essere tra i più alti d’Europa: 69,4 auto ogni cento abitanti rispetto ai 58,6 della Germania, ai 57,2 della Francia e ai 54,1 della Spagna. Tra le grandi città la prima in classifica è Catania con quasi 79 auto ogni cento abitanti, l’ultima Genova con 47.
Carlo Carminucci, direttore della ricerca Isfort ha sottolineato come «il quadro della mobilità in Italia sia fermo rispetto a una prospettiva che è invece “innovativa”». Al di là dei “piccoli miglioramenti” registrati nell’ultimo anno, con una ripresa della mobilità sostenibile di quasi 3 punti nel primo semestre 2024, legata all’incremento di share della mobilità pedonale (+2,4%), «lo scenario, nella prospettiva di un vero riequilibrio modale, è ancora negativo». Carmininucci ha definito “clamoroso” il dato che emerge dallo studio secondo cui «chi è più povero è più costretto a prendere l’auto». «Occorre - ha concluso il direttore della ricerca - ricomporre la frattura degli squilibri modali e la sotto frattura tra gli ingenti finanziamenti in conto capitale, di cui tra qualche anno si potranno rendere visibili gli impatti, e il mancato adeguamento dei finanziamenti in conto corrente, nella prospettiva di nuovi paradigmi che il quadro attuale fatica ancora a intercettare».
L’appello ad innescare “una scossa” al tema dei trasporti è arrivato da Maria Teresa De Benedictis, presidente dell’Isfort. «Oggi più che mai serve accelerare i temi della transizione verso una mobilità più sostenibile», proseguendo «verso i target europei 2050 e gli obiettivi del Pnrr in materia di ambiente» ha detto. Il Pnrr prevede un incremento dei passeggeri del trasporto pubblico del 10%. Uno spostamento che, come ha sottolineato Fabrizio Molina, direttore generale Agens, l’associazione di Confindustria del Tpl, «produrrebbe un taglio del 6% delle emissioni di anidride carbonica».
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