giovedì 8 settembre 2022
L'aumento, già previsto dagli investitori, non sarà l'ultimo, promette il Consiglio direttivo. Serve a fermare un'inflazione che oggi ha raggiunto il 9,1%
Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea

Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea - Ansa

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L’uscita dalla lunga era del denaro a costo zero è molto più brusca di quanto si potesse sperare. La Banca centrale europea ha annunciato il secondo rialzo dei tassi di interesse, dopo l’aumento di 50 punti base a luglio. Stavolta l’incremento del costo del denaro è di 75 punti base, il più forte della storia della Bce. Il tasso di riferimento (quello a cui le banche private si finanziano presso la Bce) sale così dal 14 settembre all’1,25%, il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale passa da zero a 0,75%, il tasso sui depositi dallo 0,75% all’1,50%. Il costo del denaro in Europa è al livello più alto dal 2011.

L’obiettivo è frenare l’inflazione della zona euro, che è andata fuori controllo: la Bce, per suo mandato, dovrebbe tenerla vicina ma sotto al 2%, invece le ultime stime di Eurostat dicono che ad agosto ha raggiunto il nuovo massimo storico del 9,1%. Serviranno altri rialzi dei tassi. «Il Consiglio direttivo – scrivono da Francoforte – si attende di aumentare ulteriormente i tassi di interesse perché l’inflazione seguita a essere di gran lunga troppo elevata ed è probabile che si mantenga su un livello superiore all’obiettivo per un prolungato periodo di tempo».

Nuovi rialzi in arrivo

Interrogata su che cosa dobbiamo aspettarci, la presidente Christine Lagarde ha dato indicazioni più precise: ci saranno aumenti dei tassi, ha detto, in «più di due riunioni (compresa quella di ieri, ndr)» ma in «meno di cinque», con aumenti di 75 punti base che «non saranno la norma». Le decisioni saranno prese «in base ai dati». Secondo le nuove stime degli esperti della Bce, l’inflazione chiuderà il 2022 con un +8,1% medio, per poi rallentare al 5,5% l’anno prossimo e al 2,4% nel 2024. Tagliate, invece, le stime sul Pil: quest’anno salirà solo del 3,1%, il prossimo dello 0,9% e nel 2024 dell’1,9%. La recessione è un’ipotesi solo di «peggiore scenario» per il 2023, legata in particolare al rischio di completa chiusura delle forniture di gas dalla Russia.

Il difficile equilibrio tra inflazione e recessione

Negli Stati Uniti la Federal Reserve ha portato il costo del denaro in un intervallo tra il 2,25% e il 25%, nel Regno Unito il tasso di riferimento della Bank of England è 1,75%. La Bce, insomma, continua ad avere un costo del denaro inferiore a quello delle altre grandi banche centrali occidentali. Per tutte in questa fase occorre trovare il migliore equilibrio tra due emergenze: la corsa dei prezzi da un lato, il rischio di recessione dall’altro. In questo momento i banchieri centrali sembrano tutti d’accordo nel privilegiare la lotta all’inflazione. Il voto all’interno del Consiglio direttivo della Bce è arrivato all’unanimità, nonostante, ha ammesso Lagarde, nel dibattito tra i governatori ci siano state «differenti visioni». Ci sarà un prezzo sociale da pagare: «Guardando avanti, è probabile che il rallentamento dell’economia condurrà a un aumento del tasso di disoccupazione» ha detto Lagarde.

Gli errori di valutazione

Se per mesi la Bce ha ripetuto che la corsa dei prezzi era «temporanea» ora è evidente che non è così. «Abbiamo fatto degli errori nelle previsioni sull’inflazione, come tutte le istituzioni internazionali, come molti economisti, perché è virtualmente impossibile prevedere e includere nei modelli il Covid, la guerra in Ucraina, il ricatto sull’energia. Me ne assumo la colpa perché sono il capo dell’istituzione» ha ammesso la presidente Lagarde.

La risposta dei mercati

L’aumento dei tassi europei non è comunque bastato a risollevare l’euro, che è sceso sotto la parità con il dollaro per la prima volta nella sua storia, rimasto stabile a 0,9955 dollari. Gli investitori avevano già previsto da diversi giorni questa mossa di Francoforte. Sul mercato dei titoli di Stato il Btp decennale è salito dal 3,86% al 3,95%, con uno spread di 224 punti sui Bund tedeschi. Tra le Borse, Milano è stata tra le migliori, spinta dai titoli delle banche (che con l’aumento dei tassi possono guadagnare di più dall’attività di credito): ha chiuso con un +0,9%. In rialzo anche Parigi (+0,3%) e Madrid (+0,6%) mentre Francoforte ha perso lo 0,1%. Fuori dalla zona euro, Londra è salita dello 0,3%.





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