Caro direttore,da Genova, da tante piazze italiane, dal nord al sud del nostro Paese, il sindacato in occasione di questo Primo Maggio farà sentire la sua voce per ribadire che
una vera Europa unita e democratica si costruisce con il lavoro, lo sviluppo e la solidarietà. Il lavoro tiene assieme la storia di diverse generazioni, accomuna le aree dell’Europa e del nostro Paese, al di là del colore della pelle, della religione, della cultura. Per questo oggi diciamo con forza basta con le politiche di rigore che hanno fatto aumentare l’area della disoccupazione, della povertà, delle diseguaglianze sociali.Non è sufficiente qualche decimale in più di “flessibilità” nei conti come si appresta a ottenere il nostro Governo. Occorre battersi per riscrivere un nuovo “Statuto” economico europeo puntando sulla crescita, sugli investimenti e sulla centralità del lavoro. Abbiamo bisogno di incentivare la creazione di nuove infrastrutture, con più innovazione, ricerca, formazione. Parliamo di energia pulita, trasporti, banda larga, opere di bonifica del territorio. L’Italia deve recuperare 25 punti di produzione industriale che sono andati perduti in questa lunga crisi. Quanti anni ci vorranno con i livelli attuali, così bassi e modesti, di crescita del Pil? Lavoro, tasse più basse, nuovi investimenti e riforme istituzionali devono arrivare insieme. Non ci può essere un prima e un dopo. E il problema della disoccupazione è la grande sfida cui tutti dobbiamo saper rispondere, con grande concretezza.
Annamaria FurlanIn Italia purtroppo quattro giovani su dieci sotto i venticinque anni sono disoccupati. Nelle regioni meridionali soltanto tre donne su dieci lavorano. Sono dati sconfortanti. C’è un evidente problema delle tecnologie che “rubano” lavoro, come sta accadendo in tutti i settori produttivi, soprattutto nelle grandi e medie imprese, cresciute di valore ma non nel numero degli addetti. Ma più in generale, siamo di fronte a grandi trasformazioni dell’economia e del mondo delle imprese, per le quali non basta la politica degli annunci o il rinvio a tempi migliori. Sindacati e imprese sono già impegnati a fornire il loro contributo rinnovando da un lato tutti i contratti ancora aperti, dall’altro lato cambiando le relazioni industriali in modo da legare gli aumenti salariali alla maggiore produttività, alla qualità, a una nuova organizzazione del lavoro, alla indispensabile partecipazione dei lavoratori alle scelte di impresa.
Questa è oggi la nostra sfida. Ma tocca al Governo Renzi accompagnare un tale percorso con un grande “patto sociale” per la crescita, coinvolgendo tutti i soggetti responsabili di fronte a obiettivi chiari, selezionati, condivisi. A partire dalla riforma della legge previdenziale, cruciale oggi non solo per le lavoratrici e i lavoratori che in molti settori non possono rimanere all’opera fino a 65-66 anni, ma anche per il destino dei nostri giovani e di tante donne disoccupate. Così come è urgente che il Governo rinnovi i contratti pubblici e della scuola bloccati da sette anni, anche qui puntando finalmente sull’innovazione, la qualità dei servizi, attraverso la valorizzazione della contrattazione di secondo livello e la partecipazione dei lavoratori. Abbiamo bisogno di un modello complessivo di sviluppo: e questo è mancato finora nell’azione del Governo Renzi, troppo solitaria e autoreferenziale. Allargare la partecipazione ai corpi sociali è oggi l’antidodo per recuperare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e anche nella politica.Come ci ha ricordato giovedì 28 aprile il presidente della Repubblica Mattarella, dobbiamo fare ogni sforzo per combattere la corruzione e la sub-cultura del malaffare e per ridurre davvero gli sprechi che danneggiano lo sviluppo economico del nostro Paese. Anche qui, gli slogan o le promesse non servono a niente. Un Paese complesso come l’Italia non si governa a colpi di “tweet” o con la politica degli annunci. Bisogna favorire la coesione sociale, dialogando con i corpi intermedi sulle cose da cambiare, in modo che ciascuno faccia la propria parte, responsabilmente.
Ecco perché oggi da Genova, una città mercantile “simbolo” dalla grande tradizione operaia e straordinariamente operosa, e da tutte le piazze d’Italia, in occasione del Primo Maggio, il sindacato rivolgerà il suo appello alla classe dirigente italiana affinché trovi la forza per imprimere quella svolta profonda nella direzione generale della buona economia e del rispetto del “valore” del lavoro. Questo è ciò che da tempo reclamano le forze sociali e l’interesse generale del nostro Paese.
* Segretaria Generale Cisl