sabato 16 novembre 2024
Entro il 2028 ci sarà bisogno di assumere circa 3,1-3,6 milioni di persone, cioè 630-730 mila ogni anno. Necessarie competenze "verdi" e digitali. Pmi ancora poco attrattive
Gli operai specializzati sono tra i più richiesti

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Entro il 2028 ci sarà bisogno di assumere circa 3,1-3,6 milioni di persone, cioè 630-730 mila ogni anno (fonte Unioncamere). Due le aree di competenza che potranno fare la differenza: si tratta di "verde" e digitale, cioè rispettivamente competenze che riguardano la transizione energetica ed ecologica e conoscenze specifiche legate allo sviluppo informatico di tanti settori. Sono molto utili anche i dati sulla distribuzione del fabbisogno di lavoratori, che coprono diversi settori e diverse tipologie di personale: non mancano certo impiegati e tecnici specializzati, ma secondo le stime circa un quinto dell’offerta di lavoro riguarderà operai e artigiani specializzati.

Le aziende cercano modelli di attività sempre più sostenibili, rispettosi anche dei regolamenti nazionali e internazionali sui temi energetici ed ecologici: spesso cambiano i metodi di lavoro, cercando nuovi professionisti e facendo formazione ai dipendenti. Allo stesso tempo, nascono nuove imprese e professionalità legate ad ambiente e sostenibilità. Questi cambiamenti coinvolgono molti lavoratori in settori diversi, per esempio tecnici delle costruzioni e scienziati ambientali, ma anche gli operai specializzati di agricoltura e produzione alimentare.

L’altra grande rivoluzione è quella digitale: ben due terzi delle aziende italiane nel 2023 hanno investito nella digitalizzazione, un dato che si confermerà anche nei prossimi anni. L’uso di internet e di strumenti multimediali diventerà indispensabile per oltre 2,1 milioni di lavoratori occupati, con livelli diversi: questa competenza sarà richiesta a circa il 21% degli operai, salirà quasi al 60% per i ruoli impiegatizi, fino ad arrivare al 100% nei gruppi delle professioni di alta dirigenza.

Sulla scia di questi cambiamenti, nei prossimi anni ci saranno diverse opportunità anche per le professioni operaie e artigiane: secondo la stima di Unioncamere, infatti, entro il 2028 ci sarà bisogno in questi ambiti di circa 500/600 mila persone, cioè poco meno del 20% del totale dell’offerta di lavoro. In particolare: 340-410 mila operai e artigiani specializzati; 165-209 mila conduttori di veicoli a motore e di impianti. Il settore delle costruzioni è quello con la richiesta maggiore, si calcola che ci sarà bisogno di almeno 154mila persone. Anche l’industria meccanica richiederà oltre 45 mila tra meccanici, montatori e manutentori. Seguono poi il settore della preparazione alimentare e quello del tessile-abbigliamento.

Nelle pmi manca la capacità di attrazione

Adecco ha realizzato un’indagine per capire a che punto sono le piccole e medie imprese sull'attrazione dei talenti e per colmare eventuali divari, prendendo un campione di 828 aziende in tutta Italia: il 72% tra 0 e 49 dipendenti e il 28% tra 50 e 250. Il dato più significativo che è emerso è che il 32,4% fa fatica ad attrarre talenti per via dell’offerta di percorsi meno accattivanti rispetto a quelli delle grandi aziende. Il 21,4% è ostacolato dalla minore riconoscibilità del marchio e il 18,8% dall’implementazione di politiche di welfare meno strutturate. Ma chi sono i lavoratori che cercano le pmi? Quasi il 50% delle aziende è alla ricerca di operai specializzati, soprattutto nel Nord Italia. C’è però anche una domanda significativa che riguarda esperti informatici e addetti alla logistica, con una variazione regionale importante al Sud, dove c’è una maggiore richiesta di queste figure.


La ricerca di competenze tecniche va di pari passo con le cosiddette soft skill. In particolare, la capacità di lavorare in squadra e il problem solving sono le abilità trasversali più richieste dalle imprese, quest’ultima la più difficile da trovare per circa il 15% delle pmi, seguita dalla flessibilità (13,3%). Le esigenze variano ancora una volta anche a livello territoriale: nel Nord Italia, il saper lavorare in squadra è particolarmente importante per oltre il 30% delle imprese intervistate, mentre al Sud si pone maggiore attenzione alla ricerca di capacità legate al problem solving (oltre il 30%) e risulta meno richiesta la flessibilità rispetto al nord e centro Italia (15%).

I dati della ricerca dicono che le pmi per far fronte alla minore attrattività che hanno sul mercato del lavoro adottano diverse strategie per fidelizzare i propri dipendenti. Alcuni esempi si trovano nell’offerta di percorsi di formazione interni ed esterni, una pratica piuttosto comune che si ritrova nel 33,3% delle aziende intervistate, seguita da bonus economici basati su obiettivi aziendali e personali (25,1%). Rappresenta però un campanello d’allarme il fatto che ben il 15% delle aziende non implementi alcuna attività di fidelizzazione e su questo sicuramente c’è molto da fare. Considerando dimensione aziendale e distribuzione geografica, le piccole imprese puntano sull’offerta di formazione, come dice il 35%, soprattutto al Sud dove, però, in molti altri casi (circa il 25%), non viene implementata alcuna attività. Le medie aziende, invece, sono più attente all’offerta di piani welfare che garantiscano un maggior benessere ai lavoratori, puntando soprattutto sulla flessibilità oraria, come afferma circa il 40%. Al Sud, una quota importante di pmi, circa il 45% del totale, dice di non mettere in pratica nessun tipo di servizio di welfare.

L’attrazione dei talenti non costituisce l’unico ostacolo per le pmi. Sullo sfondo c’è infatti anche il mismatch di competenze sul mercato del lavoro, un tema di sempre maggior rilievo, al punto che più del 40% delle aziende intervistate evidenzia particolari difficoltà nella ricerca di competenze specialistiche: tra le skill più richieste ci sono quelle di produzione, che sono le più difficili da trovare tra i candidati secondo il 20% delle imprese. Seguono le competenze informatiche e digitali (16,4%), commerciali (15,7%) e ingegneristiche (14,1%).











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