mercoledì 2 aprile 2025
Stasera l'annuncio di Trump alle 22: previste tariffe generalizzate al 20% sui beni importati, anche dall'Unione Europea. Per le imprese italiane in gioco ben 67 miliardi di esportazioni
Tutto sui dazi Usa: cosa rischiano l'economia globale e l'Italia

Reuters

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Stasera alle 22 ora italiana Donald Trump dovrebbe annunciare l’imposizione da oggi di nuovi dazi alle merci in arrivo sul territorio americano, dopo settimane di minacce e retromarce. Per Trump è il “Liberation Day”, l’autoproclamato “giorno della liberazione” Usa.

Qual è il piano della Casa Bianca sui dazi?

Secondo diverse fonti, un'opzione prevede dazi fissi del 20 percento su tutte le importazioni, che secondo i consulenti Usa potrebbe portare nelle casse del governo di Washington 6mila miliardi di dollari di entrate. Domani dovrebbe essere il turno dei dazi del 25% sulle automobili e la componentistica auto realizzata all'estero. Sarà Trump però a riferire altri particolari. Oltre ai dazi reciproci per i vari Paesi, il presidente Usa potrebbe svelare ulteriori imposte specifiche per settore, come quelle sui prodotti farmaceutici e sui semiconduttori. Le imposte potrebbero colpire il 15% dei partner che hanno persistenti squilibri commerciali con gli Stati Uniti, il gruppo che il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent, ha soprannominato dei "Dirty 15", come Cina, Messico, Vietnam, Taiwan, Giappone, Corea del Sud, Canada, India e la stessa Unione Europea.

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Cosa rischia l’Italia?

Per l'Italia sono in gioco ben 67 miliardi di esportazioni a fronte di 25 miliardi di importazioni dagli Usa, con un avanzo commerciale di 42 miliardi. Stando a recenti stime, dazi del 25% sulle vendite agroalimentari Made in Italy negli States potrebbero comportare per i consumatori americani un aggravio fino a 2 miliardi di euro, con un impatto sulle singole filiere pari a quasi 500 milioni di euro solo per il vino, circa 240 milioni per l'olio d'oliva, 170 milioni per la pasta e 120 milioni per i formaggi. Alle aziende italiane, la guerra tariffaria potrebbe costare tra i 4 e i 7 miliardi di euro con ripercussioni pesantissime sull'occupazione, pari a una riduzione di oltre sessantamila posti di lavoro ogni anno.

Su chi ricadono i costi dei dazi?

Donald Trump ha insistito sul fatto che questi dazi non aumenteranno i prezzi per i consumatori americani e che se qualcuno ne pagherà il costo, saranno i Paesi stranieri. L’importatore può scegliere di assorbire i costi, ma ciò inciderebbe sui suoi profitti. Alcuni importatori sostengono che il pagamento di dazi del 20-25% cancellerebbe completamente i loro margini di profitto e li metterebbe fuori mercato. Se gli importatori non vogliono assorbire da soli il costo della tariffa, possono provare a costringere il fornitore che ha venduto loro la merce ad abbassare i prezzi per compensare il dazio. Oppure possono trasferire i costi ai propri clienti, sotto forma di prezzi più alti. Ogni caso è diverso, a seconda dell’influenza, più o meno grande, che un’azienda può esercitare sulle altre aziende. La guerra dei dazi sta alimentando i timori di recessione negli Stati Uniti: secondo gli analisti di Goldman Sachs la probabilità di recessione da qui ai prossimi 12 mesi è salita dal 20% al 35%.

C’erano già dei dazi alle importazioni?

La maggior parte dei prodotti stranieri sono già soggetti a qualche tipo di dazio quando entrano negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno accettato di limitare i dazi per vari prodotti a diversi livelli quando hanno aderito all’Organizzazione mondiale del Commercio, e il governo degli Stati Uniti impone vari altri dazi se si scopre che gli esportatori stranieri sono coinvolti in comportamenti commerciali sleali. Tuttavia, le aliquote tariffarie medie negli Stati Uniti sono basse, intorno al 2,5%, e inferiori a quelle della maggior parte degli altri Paesi. I nuovi dazi voluti da Trump verranno aggiunte a quelli attualmente esistenti. A marzo erano già entrati in vigore dazi aggiuntivi del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio negli Usa.

Trump imporrà dazi anche alle merci europee?

Trump ha ribadito più volte che saranno colpite dai dazi anche le merci importate dall’Unione Europea. Gli Stati Uniti sono la principale destinazione delle esportazioni dell'Unione Eeuropea, che registra un surplus commerciale con Washington pari a 155,8 miliardi di euro, secondo gli ultimi dati disponibili dell'ufficio statistico europeo Eurostat, riferiti al 2023. Nello specifico, le esportazioni europee verso gli Stati Uniti rappresentano il 19,7% delle vendite del blocco comunitario nel resto del mondo, con Germania, Irlanda e Italia come principali propulsori.

Quali settori produttivi potrebbero soffrire di più se Trump imponesse dazi alle merci europee?

I settori dell'Ue che hanno contribuito maggiormente alle esportazioni verso gli Stati Uniti sono i prodotti farmaceutici e le automobili e, pertanto, sono quelli che potrebbero soffrire di più se il presidente degli Stati Uniti Donald Trump decidesse di imporre dazi all'Ue come ha già fatto con Canada, Messico e Cina. Per quanto riguarda i singoli Paesi, le esportazioni tedesche hanno raggiunto i 157,732 miliardi di euro, più del doppio dei 67,266 miliardi di euro dell'Italia e ben al di sopra dei 51,621 miliardi di euro dell'Irlanda, che esporta negli Usa soprattutto prodotti farmaceutici. Al contrario, i Paesi Bassi sono stati il Paese dell'Ue che ha importato più beni dagli Stati Uniti, per un valore di 75,24 miliardi di euro, seguiti dalla Germania (71,932 miliardi) e dalla Francia (43,656 miliardi). L'Italia è quinta con 25,172 miliardi di euro) per un surplus di oltre 42 miliardi.

Anche l’agricoltura europea soffrirebbe per eventuali nuovi dazi Usa?

Washington è la seconda destinazione delle esportazioni europee nel settore agricolo. Nel 2023 le esportazioni hanno rappresentato il 12% (27,2 miliardi di euro), sebbene siano diminuiti de 1,8 miliardi (6%), rispetto all'anno precedente, principalmente a causa del calo del 27% delle vendite di distillati e liquori, secondo l'ultimo rapporto pubblicato dalla Commissione Europea. Inoltre, gli Stati Uniti sono il quarto Paese di origine delle importazioni agricole dei Ventisette, di cui rappresentano il 7% (11,7 miliardi), il 4% in meno rispetto all'anno precedente a causa del calo dell'arrivo di frutta, cereali e prodotti non commestibili. Dopo gli Stati Uniti, la seconda destinazione delle esportazioni di merci dell'Ue è stato il Regno Unito (che ha rappresentato il 13,1% del totale). A seguire la Cina (8,8%); la Svizzera (7,4%) e la Turchia (4,4%).

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