Villeggianti in spiaggia - Archivio Ansa
Siamo frenetici, agitati, di corsa. La nostra vita è così “elettrica” che giochiamo con il vocabolario dell’energia anche per parlare di riposo. «Ho le batterie a terra», «devo staccare la spina», «mi prendo qualche giorno, giusto per ricaricare le batterie». Nelle immagini che definiscono le vacanze c’è tutto il nostro bisogno di una pausa, di aria pulita per riossigenare il corpo e lo spirito, di una scossa capace di garantire la giusta riserva di freschezza per i mesi a venire. L’importante è decidere il serbatoio giusto cui attingere, trovare un distributore aperto, avere la lucidità necessaria per non sbagliare caricatore.
Domenica scorsa all’Angelus il Papa è stato chiaro: l’estate è il tempo giusto per una buona «ecologia del cuore che si compone di riposo, contemplazione e compassione». Un’immagine, quella del rinnovarsi dentro, che risuona chiara e commovente nelle parole di Jacques Hamel, l’anziano sacerdote francese assassinato da due estremisti islamici nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray.
Nel suo ultimo messaggio ai parrocchiani pochi giorni prima di quel terribile 26 luglio 2016 in cui fu ucciso, il “don” si augurava che in vacanza si riuscisse a «sentire l’invito di Dio a prendersi cura di questo mondo» per renderlo «là dove viviamo, più caloroso, più umano, più fraterno». L’estate dunque come «un tempo di incontro con familiari e amici», come un momento per prendersi il tempo di vivere qualcosa insieme, «per essere attenti agli altri, chiunque essi siano. Un tempo di condivisione».
la bellezza
Perché sono tanti i modi di spendere le ferie. Le vacanze possono essere una palestra a cielo aperto per rafforzare il fisico, l’occasione per viaggiare, un’oasi di relax e di lettura, un modo per dimenticare o almeno provare a farlo, ciò ce ci opprime e ci fa star male. Con, “allegato”, un rischio, quello di relegare in soffitta o spingere in fondo all’archivio della memoria, tutto quanto richiede impegno. E qualche volta fatica. Non caso i vescovi francesi, nel documento preparato in vista dell’estate 2021 mettono in guardia dal pericolo di mandare in ferie anche Dio. Nel “Decalogo del cristiano in vacanza” i presuli transalpini sono espliciti: in estate «siamo meno cristiani, a volta non lo siamo affatto». Può capitare allora che si viva la festa dimenticando il festeggiato, come nelle domeniche in cui non si va a Messa.
Succede quando la religione rappresenta un vincolo e non, come dovrebbe, una via di crescita personale e comunitaria, una strada, (anche) per la piena realizzazione umana, che necessariamente passa dall’incontro con l’altro, dall’ascolto di chi incontriamo sul nostro cammino. Non a caso i vescovi francesi nel loro Decalogo mettono al primo posto l’esigenza di dare “tempo alla carità”, in qualche modo di programmare la condivisione, evitando che le vacanze siano una forma di egoismo «camuffato da relax». Ma nel documento c’è anche molto altro.
Ad esempio il secondo consiglio, parlare di comandamenti è francamente troppo, è un invito a “mettere Dio in valigia”, cioè avere sotto mano «una piccola Bibbia, la vita di un santo, magari un breve trattato di teologia». E poi aggiungere un segno della nostra fede utile alla preghiera, tipo la coroncina di Rosario, un’icona, una croce. Sembra di sentire papa Francesco e il suo invito, ripetuto tante volte, di avere sempre a portata di mano un Vangelo, in tasca o nella borsa, così da poterlo leggere durante il giorno. In questo modo sarà più facile camminare “sulla strada della fede”, la regola numero tre, che consiste nell’avere Dio nel cuore in ogni momento del proprio viaggio. Una condizione, un legame che comporta di evitare il più possibile “i luoghi senza Dio”, quarta voce del Decalogo, vale a dire le «situazioni che danneggiano il nostro rapporto con il Signore e con gli altri». Al contrario invece le vacanze andrebbero vissute come «una lunga domenica» con momenti da dedicare soltanto a Dio, in una specie di anticipazione del riposo eterno dove, si spera, saremo al Suo cospetto. Ne deriva ovviamente, e siamo al sesto punto, l’importanza di “non perdere la Messa”, evitando il ricorso a scuse banali per saltarla, tipo il rischio di perdere il treno o l’essere in posti privi di chiese. «Sono pretesti», denunciano i vescovi francesi.
E se la preghiera fa parte del nostro bagaglio di vacanzieri, se l’Eucaristia domenicale viene vissuta bene, risulterà più facile rispettare gli altri punti del Decalogo. Come “contemplare” la bellezza, senza la quale la vita diventa più amara ed arida. Si tratta cioè, ed è un obbligo piacevole, di non perdere il contatto con il bello che si trova negli altri esseri umani, nell’arte. E, ovviamente, nella natura, secondo l’antico detto francese: «Dio è solo in campagna». Così, con gli occhi illuminati dai segni del divino, sarà più facile testimoniare Gesù, visto che in vacanza «non ci si deve limitare a rimanere cristiani ma bisogna suscitare le fede negli altri» secondo la regola per cui la Chiesa cresce per attrazione. E si concretizza, regola numero nove, nel mettersi al servizio, condizione che, a pensarci bene, sovverte un po’ la filosofia delle ferie, quando ci piace che siano gli altri a soddisfare le nostre esigenze. Ma questo cambiamento di prospettiva non comporta affatto tristezza, anzi se l’estate è un prolungamento virtuoso del cammino percorso durante l’anno, se il riposo diventa occasione di autentica ricarica spirituale, tutto confluirà nella festa, nel “gioire”, ultimo consiglio e in qualche modo obiettivo dal Decalogo transalpino. «Il cristiano si rallegra di tutto – scrivono i vescovi francesi – perché la sua gioia è innanzitutto in Dio. Lontano dall’ideale mondano dell’ozio pigro e disumanizzante secerne gioia come Dio dona la sua grazia, nella verità e nella gratuità del dono di sé».
E al suo ritorno dal periodo di relax, più ancora che mostrare orgoglioso le foto scattate durante il viaggio, il cristiano «darà testimonianza di un cuore più felice» perché ha «portato Dio in vacanza con sé». Non presenza ingombrante ma luce lungo la strada, significato e insieme punto d’arrivo dell’eterno vagabondare dell’uomo. Non solo in estate ma anche nei giorni più freddi. Da soli o in compagnia. Sempre.