
Parolin celebra la Messa nel 20° della morte di Giovanni Paolo II - Ansa
Giovanni Paolo II «non ha mai cercato di piacere agli uomini, ma a Dio. Ha vissuto davanti ai Suoi occhi». E in questo perciò va cercata una delle chiavi della sua santità. Lo ha detto il cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, presiedendo ieri pomeriggio all’altare della Confessione nella Basilica di San Pietro gremita di fedeli, la messa per i 20 anni dalla morte del Pontefice ora santo. Messa concelebrata da decine di cardinali, arcivescovi e vescovi tra i quali i porporati Stanislaw Dziwisz, Camillo Ruini, Giovanni Battista Re, Stanislaw Rylko, Angelo Comastri, Giuseppe Betori, Baldo Reina, Gualtiero Bassetti, Angelo Becciu e tra gli arcivescovi e vescovi Rino Fisichella e Mauro Parmeggiani. Presente in prima fila anche il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni.
Il segretario di Stato ha citato alcuni brani tratti dal testamento spirituale di papa Wojtyla. Ad esempio in riferimento all’attentato annotava che «in un certo modo» il Signore gli aveva donato di nuovo la vita. « Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui - scriveva -. Spero che Egli mi aiuterà a riconoscere fino a quando devo continuare questo servizio, al quale mi ha chiamato. Gli chiedo di volermi richiamare quando Egli stesso vorrà. Nella vita e nella morte apparteniamo al Signore… siamo del Signore».
Parolin ha ricordato anche che «nei ventisei anni del suo immenso pontificato» san Giovanni Paolo II si spinse «fino agli angoli più lontani del pianeta, pellegrino instancabile». Ha citato «il suo instancabile servizio alla pace» e il suo invito a non avere paura e ad aprire, anzi a spalancare le porte a Cristo. «Tutta la sua vita e la sua missione è stata in totale trasparenza dinanzi agli occhi di Dio - ha aggiunto il segretario di Stato -. Le sue parole continuano a ispirarci e riecheggiano nelle parole di Papa Francesco, anche oggi, anche in questo nuovo Giubileo. Esso ci vede “Chiesa in uscita”, navigatori in acque agitate, ma pur sempre pellegrini di speranza alle sorgenti della misericordia e della grazia, guidati dal successore di Pietro, assistiti dallo Spirito Santo». Perciò il cardinale ha concluso rivolgendosi a san Giovanni Paolo II: «Benedica l'umanità lacerata e disorientata perché conosca la ricchezza della misericordia e dell'amore di Dio».
All’inizio era stato il cardinale Dziwisz, sempre al fianco di papa Wojtyla come suo segretario personale, a salutare i fedeli: «La Chiesa - aveva detto - conserva il ricordo commosso di un Pontefice venuto da un Paese lontano, ma che dopo un lungo pontificato si è fatto vicino al cuore di milioni di fedeli di tutto il mondo. Crediamo che egli stesso ci guarda dall’alto, sostenendo tutta la Chiesa nel suo pellegrinaggio verso l’eternità. E siamo consapevoli di quanto frutto porti la sua santità. Il Santo Papa sta adesso alla finestra alla finestra della Casa del Padre. Ci vede e ci benedice», aveva concluso citando le parole dell’omelia dell’allora cardinale Ratzinger il giorno dei funerali. Dziwisz ha quindi rivolto un pensiero a Francesco. «Il nostro cuore si stringe al Santo Padre. Sappiamo che in questa ora si unisce spiritualmente con noi. Preghiamo per la sua salute. Che il Signore dia a lui la forza necessaria per guidare la Chiesa peregrina in questo anno giubilare all'insegna della speranza, in questi tempi difficili per la Chiesa e per il mondo». Dopo la Messa, i celebranti si sono fermati davanti alla tomba del santo Pontefice. Il cardinale Dziwisz ha deposto sull’altare un cero acceso e il cardinale Reina ha letto una preghiera, in cui si chiede anche a san Giovanni Paolo II di intercedere per nuove vocazioni.