È iniziato il conto alla rovescia per noi milanesi
perché il 7 maggio dell'anno prossimo papa Francesco verrà a farci visita.
È un peccato che abbia scelto quella data perché in questo modo non potrà
vedere la nebbia che, assieme alla cotoletta alla milanese, è un po' il
nostro vanto, un po' come l'escargot e la Tour Eiffel per Parigi, le tapas
e la Sagrada Familia per Barcellona o i würstel e le macchine scarburate
per Berlino.
Non vedrà nemmeno il fantasmagorico e chiassoso luna park
dell'Expo che per quella data sarà già bello che smontato con i suoi mattoncini
di lego riposti nelle scatole.
Ma forse il Papa argentino ha scelto apposta
quella data, primo perché senza la nebbia non si potrà dire «non si vedeva
bene, non l'ho visto», e secondo perché senza il frastuono dei padiglioni
nessuno potrà dire «c'era baccano e non l'ho sentito».
Ho un forte sospetto
che papa Francesco non venga a Milano nemmeno per farsi un giro in barchetta
sul Naviglio e sulla Darsena né tantomeno per visitare lo stadio di San
Siro a cui avranno stirato le rughe e rifatti gli zigomi per la finale
di Champions League (a proposito il Papa ha risposto alle autorità locali
e regionali confermando la sua impossibilità di realizzare il miracolo
di portare le due squadre milanesi in finale; il Santo Padre ha altresì
precisato che nemmeno il Suo Datore di Lavoro, che pure di miracoli ne
ha realizzati, sia in grado di operare un gesto così eclatante).
Se conosco
gli argentini quelli non li freghi con un piatto di tempura, quadrilateri
di moda o palazzi con il bosco in casa; gli argentini sono gente vagamente
malinconica, determinata ed essenziale, un po' come i milanesi.
Se conosco
gli argentini, il 7 maggio dovremmo aspettarci una bella strigliata, anzi
non proprio una strigliata, un incoraggiamento, un ambizioso incoraggiamento.
Io li conosco gli argentini: il primo è arrivato 20 anni fa e sembrava
che dovesse finire in una parrocchia di provincia per giocare il campionato
di terza categoria, poi ne sono arrivati altri con l'aria da condottieri
e da principi, e assieme al primo, che nel frattempo era diventato il capitano,
hanno vinto il massimo che si poteva ambire: il «Triplete».
Ora ho capito
perché papa Francesco verrà a Milano. Papa Francesco chiederà a Milano,
città del «Triplete», di rivivere quell'evento miracoloso: buoni, teneri,
misericordiosi! Una richiesta scandalosa! Nemmeno Mourinho ha preteso tanto.
Ma evidentemente il Papa (diciamo così: il nostro Presidente della fede)
sa che Milano ha un Allenatore delle anime di prim'ordine; e poi il Papa
pretende l'impossibile da noi perché sa qual è il motto della nostra città:
Milan col coeur in man.
da Milano 7