Una immagine di Benedetto XVI del 2005 - ANSA
Un Joseph Ratzinger-Benedetto XVI visto «da vicino» capace di mettersi in ascolto di tutti (dall’umile usciere del Vaticano al teologo di fama internazionale Hans Küng) nella sua veste di cardinale prefetto dell’ex Sant’Uffizio, di Pontefice e infine di Vescovo emerito di Roma. Ma soprattutto un uomo la cui anima «abitava in Dio»: come lo ha descritto, uno dei suoi allievi, il teologo Achim Buckenmaier.
È quanto emerge dall’ultima fatica editoriale della giornalista vaticanista Giovanna Chirri, storica firma dell’Ansa Joseph Ratzinger. Fotogrammi di umanità. Il volume uscito, in questi giorni, per la casa editrice Àncora (pagine 160, euro 15) rappresenta l’omaggio della Chirri attraverso la raccolta di undici testimonianze (dall’allora segretario di Stato il cardinale Tarcisio Bertone a Federico Lombardi, dal biografo Elio Guerriero al giornalista polacco, amico di Giovanni Paolo II, Vladimiro Redzioch fino al salesiano don Giuseppe Costa, già direttore della Libreria editrice vaticana) al “suo” papa Benedetto XVI a due anni esatti della morte.
Fu infatti l’autrice, classe 1959, di questo sapido saggio a dare per prima, grazie alle sue buone conoscenze del latino appreso tra i banchi di scuola, la notizia al mondo della rinuncia di Benedetto XVI al pontificato nel febbraio 2013. Il volume in questione rappresenta in un certo senso un unicum perché raccoglie, per la prima volta, le voci di testimoni che conobbero da “vicino” Joseph Ratzinger nella sua lunga vita (1927-2022) e che hanno accettato di essere intervistate solo dopo la morte del Pontefice bavarese. Ed è lo stesso portavoce di Benedetto XVI e oggi presidente della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI il gesuita Federico Lombardi a spiegarci, in queste pagine di cui firma, tra l’altro, la prefazione, il perché: «Finché Benedetto era vivo mi aveva fatto sapere che preferiva di no. Ritengo che lo muovesse la sua innata discrezione, ma probabilmente anche la consapevolezza che, quando si parla di un morto si è più liberi di quando si parla di un vivo, soprattutto se è stato il tuo Papa, il tuo superiore». L’autrice che ha seguito nella sua veste di vaticanista il cardinale Ratzinger dal 1994 ci consegna attraverso questa pubblicazione delle piccole perle sull’«umanità e semplicità» di papa Benedetto. Carico di dettagli inediti è quanto trapela, per esempio, dal racconto di Pierluca Azzaro dal 2007 traduttore dell’Opera Omnia di Ratzinger. Che rivela, tra l’altro, l’attenzione alle cose ultime e la tensione verso l’aldilà e il suo sentirsi sempre pronto a «salire in cielo». O ancora confida sempre alla Chirri l’importanza che dava al valore del sacerdozio per sempre e i consigli che dava ai “suoi” preti: «Puoi anche celebrare in stato di peccato, ma mai, mai, dite nell’omelia qualcosa in cui non credete». Ovviamente emergono, attraverso questa pubblicazione, gli amori teologici di Ratzinger come quello per Agostino di Ippona, Bonaventura da Bagnoregio, Tommaso d’Aquino o le amicizie di una vita come quelle con Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar e il grande professore della Gregoriana Juan Alfaro da cui lo divideva la diversa prospettiva di pensiero sulla «teologia della liberazione». Si scoprono così i gesti quotidiani e le finezze di un Pontefice che era grato dei «piccoli regali» dei dipendenti dalla Santa Sede (compresi quelli del Centro televisivo vaticano) che finivano sulla sua scrivania. A regalarci un’istantanea unica sul Papa teologo è quella del cardinale Bertone in cui rievoca lo storico intervento di Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, al Congresso eucaristico di Benevento del 2002. Ecco le sue parole: «Commentò il Padre Nostro collegando la fame del mondo alla insufficienza del pane materiale ma anche del pane della Parola di Dio, perché la necessità di questo pane la sentono tutti, anche i ricchi, a seconda della loro situazione interiore». Tra le righe di questo libro emergono anche i tratti di stima intercorsi tra il teologo Ratzinger e il biblista Martini. A restituirci, forse a due anni dalla morte di Benedetto XVI, la sua vera eredità, in un certo senso autentica e disarmante: è la testimonianza (custodita sempre in questo libro) del suo allievo il salvatoriano Stephan Otto Horn. Eccola: «Ha unito una grande fermezza nella fede con una larghezza di vedute, che ha aiutato a comprendere in certo modo la pienezza del cattolicesimo; senza arrivare al punto di perdere il fondamento della nostra fede comune».