Dialogo, incontro, normalità. Potrebbero essere queste le tre parole chiave del Congresso teologico-pastorale ormai entrato nel vivo al
World Meeting of Families di Filadelfia. Un evento complesso e affascinante, negli spazi vastissimi del Convention center, che tenta di rispondere a un domanda sempre più urgente nelle società – come quella americana – in cui si intrecciano culture, religioni, e stili di vita diversi: come spiegare le ragioni di un’identità forte senza contrapposizioni, in un atteggiamento di condivisione e di amicizia? Da qui la necessità di mantenere vivo il dialogo con le altre fedi cristiane che gli organizzatori del congresso hanno voluto concretizzare offrendo spazi considerevoli per i relatori delle varie confessioni evangeliche. Una scelta che ha inteso sottolineare come la famiglia non possa essere vista come patrimonio esclusivamente cattolico. Anzi, dovrà diventare sempre più spesso occasione di incontro, di esperienze comuni, di condivisione in una logica ecumenica e interreligiosa. Insomma, meno ideologia e più vita concreta. È il clima molto americano che si respira osservando gli oltre sessanta “focus group” quotidiani, in cui si dibattono tantissimi temi, anche quelli apparentemente lontani dagli obiettivi di un incontro ecclesiale. Ma se è vero che la vita familiare intercetta ogni angolatura della realtà, perché non parlare anche di sanità, di demografia, di organizzazione urbana, di tempo libero, di risparmio, di inquinamento, di criminalità? Ieri il pastore battista Terence Griffith – moglie e due figli – responsabile di una chiesa a Filadelfia con un seguito imponente, ha condotto un focus sui problemi dell’urbanizzazione delle grandi metropoli: traffico, ecologia, sicurezza. Approccio scientifico, tanti dati, ma anche una lettura spirituale che potremmo sintetizzare in questo modo: un approccio di fede aiuta a migliorare anche la vita urbana. Se i cittadini sono anche credenti autentici, tutto gira meglio. Solo un esempio tra i tanti di un pragmatismo benefico che rende più immediato – e in qualche modo più simpatico e più comprensibile – il percorso familiare cristiano. Tra le altre proposte, quella del Pontificio Consiglio per la famiglia che ha voluto porre l’accento sull’importanza della Bibbia come libro per la famiglia in una prospettiva di educazione alla fede. Importante anche la riflessione sul ruolo che i mass media hanno all’interno della famiglia. Spazio poi anche alla famiglia come risorsa della società. Particolare attenzione all’analisi del contesto sociale e multiculturale della famiglia ispanica e infine ad un tema molto caro a Francesco, la cura del creato e le difficoltà economiche ed ecologiche. Sul tema è intervenuto, con il presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, anche il presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, Peter Turkson. Ma anche in questo caso le riflessioni sono state modulate con la simpatica immediatezza che sembra caratterizzare tutte le attività del congresso mondiale. Una logica che si respira anche in altri ambiti dell’Incontro mondiale, come allo
Youth Congress, il congresso parallelo riservato ai figli del convegnisti. Due i gruppi di questo congresso dei ragazzi curato in ogni dettaglio: dai 6 a 12 anni e dai 13 ai 17 anni. Decine le attività proposte da una serie di educatori professionali, artisti e musicisti: giochi, rappresentazioni teatrali, laboratori di disegno e di artigianato, e altre attività. C’è anche una sorta di “scuola di solidarietà” in cui i ragazzi impacchettano i beni di prima necessità – vestiti, spazzolini, dentifrici, sapone – che saranno poi distribuiti ai senza fissa dimora dal
Catholic Relief Services. Sui sacchetti di tela destinati ai più poveri lo slogan: “Riempi la borsa, riempi il cuore”. Ogni attività dura al massimo 30 minuti, poi i gruppi dei vari laboratori si danno il cambio e si passa dal disegno alla recitazione, dalla catechesi al gioco, dal canto al ballo, secondo un principio pedagogico che punta a tenere sempre vivo l’interesse dei più piccoli. Unico appunto, secondo i genitori più attenti agli aspetti dietetici, la valanga di snack made in Usa e di bollicine che vengono offerte molto spesso ai ragazzi. Ma se l’Incontro mondiale è anche una festa, come arginare questa invasione di coloratissime bombe caloriche?