domenica 13 ottobre 2024
Tre nuove parole per riassumere i lavori sinodali scelte dal presidente dei vescovi della Sardegna, vescovo di Lanusei e Nuoro, padre sinodale nel 2023 e anche in questa seconda tappa dell'assemblea
Un momento di preghiera durante il Sinodo. Sulla sinistra dell'immagine, in piedi, monsignor Mura

Un momento di preghiera durante il Sinodo. Sulla sinistra dell'immagine, in piedi, monsignor Mura - Ansa

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Con tre parole (e una frase) racconto la settimana vissuta al Sinodo.

Relazioni. Dopo aver visto i Fondamenti per una Chiesa sinodale e missionaria, riportati nello strumento di lavoro, abbiamo affrontato stavolta il tema delle Relazioni. «Nelle relazioni con Cristo, gli altri e la comunità si trasmette la fede», scrive quasi solennemente il nostro documento. Nei dialoghi in assemblea, come nei circoli – anche grazie alle nove ore che vi abbiamo dedicato – il tema è stato snocciolato con molti riferimenti alla vita ecclesiale. Argomenti quali l’itinerario di preparazione ai sacramenti, il ruolo centrale dell’Eucaristia, i ministeri e i carismi laicali e il ruolo dei ministri ordinati, sono stati particolarmente evidenziati. Nel mio gruppo, composto stavolta da rappresentanti della Germania, Perù, Grecia, Hong Kong, Filippine e Romania, oltre a quattro italiani, molto discusso – tenendo conto delle provenienze – l’aspetto delle relazioni tra i cattolici della Chiesa latina e quelli delle Chiese orientali. Argomento complesso, non sempre facile da spiegare a chi non vive queste relazioni, ma una questione sempre più determinante: basta pensare alle migrazioni in Europa che hanno coinvolto, causa la guerra, milioni di ucraini. L’affermazione più forte, e condivisa, è dire che la missione della Chiesa passa da una conversione relazionale.

Percorsi. La formazione – necessità, cura, discernimento e criteri – è l’altra parola chiave della Chiesa sinodale e missionaria. Ne consegue la domanda su quali percorsi possono attuarla, a livello personale e comunitario. Della formazione se ne parla molto, e tutti la invocano, ma l’impressione (sussurrata) è che tutte le culture lamentino la sua assenza, soffrendo la mancanza di strumenti e di itinerari operativi e, qualche volta, anche delle persone che facciano da guide. Basti pensare alla formazione digitale e alla consapevolezza della sua importanza negli ambienti ecclesiali, in realtà non troppo rimarcata. Altro percorso rilevante, messo in evidenza a ogni latitudine, è quello che porta ad attivare percorsi di trasparenza in ogni campo, non solo in quello economico. Ne guadagna certamente la credibilità della missione della Chiesa.

Consultivo. Quando nella comunità ecclesiale, diocesi o parrocchia, si parla di decisioni da prendere, è chiaro che l’ultima parola spetta sempre al vescovo o al parroco. Molti si chiedono: ma allora a cosa serve consultare i laici? Bella discussione! In realtà la questione, in sintonia con la scelta di percorsi decisionali, merita una ricomprensione del termine «consultazione», che non può essere uno sminuire la partecipazione ma un valorizzare informazioni e competenze per giungere a un consenso che, quando raggiunto – grazie allo Spirito Santo, che non a caso invochiamo! –, è molto più significativo di contrapporre «voto consultivo» a «voto deliberativo».

La frase. «Continuate a fare domande difficili ed evitate di liberarvene, insieme scopriremo il volere di Dio» (padre Timothy Radcliffe).

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