I leader politici al meeting di Rimini - Ansa
«In cammino verso il bene comune» è il titolo del documento di Comunione e Liberazione sulle prossime elezioni politiche. Se nello scorso Meeting di Rimini in molti hanno misurato l'applausometro della platea ciellina (soffermandosi in particolare sull'approvazione per il premier uscente Draghi e per la probabile prossima presidente del Consiglio, Giorgia Meloni), l'intento del volantino è chiaro: fornire ai propri aderenti, ma non solo, «alcuni criteri fondamentali per affrontare le elezioni».
Nella fase attuale molti cattolici (compresi quelli aderenti a Cl) si sono trovati spiazzati da scelte politiche difficilmente comprensibili, da una situazione geopolitica che fa sembrare l'Italia "piccola piccola" e da un dilagante disamore per la "cosa pubblica". Una presa di coscienza con cui fare i conti, ma che non deve portare i credenti a "stare a guardare dal balcone", come sottolineava già nel 2017 papa Francesco a Cesena. «La prima consapevolezza è che la nostra speranza, in ultima analisi, non è riposta nella politica», si legge nel documento. «Tuttavia, la politica non può non interessarci, così come ci interessa ogni ambito di espressione della persona impegnata a costruire spazi di sviluppo umano, di aiuto agli ultimi e di pace».
Quali, quindi, i criteri da guardare? Il primo è molto caro al movimento fondato da don Luigi Giussani: la sussidiarietà, intesa come «valorizzazione di quelle realtà sociali e comunità di vita dove le persone vengono educate e tessono relazioni di fiducia, secondo la “soggettività creativa” dei singoli (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 185)». La consapevolezza quindi è che non vi sono agende "risolutrici", ma invece occorre «dare credito a chi promuove una cultura sussidiaria».
Un aspetto - sottolinea Comunione e Liberazione - che, per non rimanere astratto, deve declinarsi in alcuni ambiti:
Famiglia. L'Italia è uno dei Paesi europei più vecchi e la tendenza sembra inesorabile. Lo stesso premier Draghi, intervenendo l'anno scorso agli stati generali della natalità, è stato molto netto sul punto. Un'Italia senza figli, ha dichiarato, «è un'Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire». Anche Cl rimarca l'importanza del sostegno «alle famiglie che desiderano avere o accogliere figli», alle spese per «l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o per la libera educazione dei figli, tenendo conto delle diverse disponibilità economiche». Ma l'appello è anche che non venga meno il sostegno a «strutture per la cura di anziani, disabili e malati», arginando quella che papa Francesco chiama «la cultura dello scarto».
Educazione. Avevano destato scalpore i fischi alla proposta di Enrico Letta, dal palco dello scorso Meeting, di rendere obbligatoria la scuola di infanzia (quella che va dai 3 ai 6 anni) e allungare l'obbligo scolastico fino a 18 anni. Anche il documento rimarca l'importanza della «libertà di educazione» che si traduce nella richiesta di sostenere un sistema che veda insieme «realtà statali e paritarie». In particolare per queste ultime, si chiede di lasciar loro «proporre una propria concezione della vita e della persona senza interferenze da parte dello Stato», oltre che «politiche concrete e misurabili, fra cui l’autonomia, anche economica, degli istituti».
Lavoro. Per don Giussani, l'uomo - senza lavorare - non esprimerebbe il livello fondamentale del suo essere. Oggi invece, sottolinea il documento, «i giovani sono indotti a considerare il lavoro come necessità per il mantenimento o per la propria affermazione sociale, e non come strumento di creatività e di crescita». Servono quindi, si legge, «politiche attive» per le persone e «fiscali e di investimento» per le imprese ma soprattutto occorre - e qui il documento cita una frase di papa Bergoglio - «operare per salvaguardare e valorizzare nella sfera pubblica quelle giuste relazioni che permettono a ogni persona di essere trattata con il rispetto e l’amore che le sono dovuti».
L'ultimo punto del testo è intitolato «Essere testimoni». Qualche anno fa il Papa, rivolgendosi alla Curia romana, sottolineava come, oggi più che mai, fosse necessario «avviare processi e non occupare spazi». Il presupposto, nell'attuale divisione della società italiana, è che nessun partito può arrogarsi il diritto di rappresentare tutti i cattolici. Per questo, nel documento è chiara la richiesta ai politici dei vari schieramenti di fare un salto di qualità: essi devono sostenersi «a vicenda nel proporre contenuti condivisi e, dove le circostanze lo permettono, una comune azione operativa. Chi lavora da solo è destinato a non esprimere alcuna originalità». Infatti, «testimoniare Cristo significa anche mostrare il cambiamento profondo che l’esprimersi della comunità cristiana produce per il bene di tutti e del Paese».